Ieri il disastro “annunciato”, oggi le proteste dei lampedusani e le indagini della Procura. Dopo l’incendio doloso che ha devastato il centro per immigrati di Contrada Imbriacola, dove erano trattenuti circa 1200 migranti, la procura di Agrigento ha aperto un fascicolo, al momento ancora contro ignoti, ipotizzando i reati di danneggiamento e incendio doloso di cosa pubblica. Lo ha confermato il procuratore capo, Renato Di Natale: “Quando la squadra mobile completerà le indagini – spiega Di Natale – valuteremo se c’è stato o meno rischio per le persone e dunque se potrà essere ipotizzata la fattispecie di strage. In astratto certo sembrerebbe essere possibile, ma poi dobbiamo calarci nella concretezza”.

Le fiamme erano state appiccate in due distinti punti della struttura da un gruppo di tunisini esasperati dalla durata della loro permanenza: un alloggio vicino all’entrata e un padiglione sul fondo del centro. Il forte vento di Maestrale ha fatto il resto e le fiamme si sono subito propagate all’intera struttura. Il fumo ha poi investito il vicino centro abitato arrivando fin sopra la pista dell’aeroporto che è stato chiuso.

Nessuna persona è rimasta uccisa anche se ci sono almeno una decina di migranti e agenti di polizia rimasti intossicati dalla nube che si è sprigionata dai capannoni in plastica. Durante il rogo diversi ospiti sono riusciti a fuggire anche se sono stati subito rintracciati dalle forze dell’ordine che in un primo momento li hanno radunati nel piazzale antistante il molo commerciale del porto.

Alcune fonti locali riportano come gli stessi immigrati avessero annunciato un gesto clamoroso se le autorità italiane non li avessero fatto proseguire il loro viaggio verso il Continente. Infatti non è la prima volta che Contrada Imbriacola viene data alle fiamme. Era già successo nel febbraio del 2009 e anche in quell’occasione le cause dell’incidente erano da attribuire al grado di esasperazione degli immigrati per il protrarsi del loro trattenimento coatto dietro le sbarre del Cie.

Nella notte sono iniziati i primi trasferimenti: circa 200 tunisini sono stati imbarcati su due C130 dell’Aeronautica militare diretti alla base di Sigonella (Catania). Gli extracomunitari rimasti sull’isola hanno invece trascorso la notte all’addiaccio all’interno dello stadio comunale. Solo un centinaio, tra cui una ventina di donne, sono rimasti nel centro, che tuttavia è inagibile: i danni sono ingenti, le palazzine dove vengono ospitati gli immigrati sono state infatti divorate dalle fiamme.

“Sono amareggiata e rattristata: il nostro lavoro di tanti anni è andato in fumo” dice Laura Boldrini, portavoce in Italia dell’Unhcr, l’alto commissariato Onu per i rifugiati.”Una rivolta simile si poteva prevedere e infatti noi l’avevamo prevista, mettendo in guardia le autorità”, ricorda la Boldrini. Anche l’Oim, Organizzazione internazionale per le migrazioni parla di fatti prevedibili. “Da giorni all’interno della struttura di accoglienza si era creata un’atmosfera molto tesa a causa dell’alto numero di migranti e della mancanza di trasferimenti sulla terraferma”, ha affermato Flavio Di Giacomo, responsabile comunicazione dell’organismo.

Se le organizzazioni umanitarie esprimono amarezza per un disastro ampiamente annunciato, il sindaco dell’Isola Bernardino De Rubeis è un fiume in piena: “Avevano avvertito tutti su quello che poteva succedere ed è accaduto. E’ ora che il governo intervenga dopo tanto immobilismo”. Il primo cittadino soffia sul fuoco del crescente risentimento dei lampedusani che si sentono abbandonati da Roma di fronte a un’emergenza che non accenna a diminuire: “C’é una popolazione che non sopporta più, vuole scendere in piazza con i manganelli, perché vuole difendersi da sola, in quanto chi doveva tutelarla non l’ha fatto. L’esecutivo faccia venire subito le forze dell’ordine, porti qui le navi militari affinché sgomberino in 24 ore l’isola, perché questo é uno scenario di guerra”.

Eppure solo pochi giorni fa, durante una visita a Lampedusa, il ministro della Difesa Ignazio La Russa, noncurante degli appelli che si levavano da più parti, aveva minimizzato la situazione: “I migranti hanno detto che le condizioni di vita sono buone”. Per poi passare a ringraziare militari e civili che quotidianamente gestiscono l’emergenza: “State svolgendo un ottimo lavoro senza dare mai luogo ad alcun inconveniente”.

Un refrain delle dichiarazioni del sottosegretario all’Interno (con delega all’Immigrazione) Sonia Viale che circa due settimane fa aveva visitato l’Isola promettendo che la situazione sarebbe presto tornata alla “completa normalità”. In quell’occasione l’esponente leghista aveva sottolineato come il sistema legato all’emergenza avesse sostanzialmente retto anche grazie all’impegno del governo di velocizzare le procedure di identificazione, trasferimento ed eventuale rimpatrio.

Parole che alla luce dei fatti di oggi suonano particolarmente stonate e hanno indotto Il Partito democratico a chiedere al ministro dell’Interno Roberto Maroni di riferire in Parlamento su quanto accaduto. Livia Turco, presidente del Forum migranti del Pd ha stigmatizzato “il grado di improvvisazione e di incapacità” di un  governo “che in genere si occupa di immigrazione solo per strumentalizzarla a fini propagandistici”.

Nel frattempo l’Isola è rimasta senza una struttura d’accoglienza, “non può più ospitare un solo immigrato”, come dice il sindaco di Lampedusa. Preoccupazioni espresse anche dall’Unhcr: “L’isola si troverà sprovvista di una struttura di accoglienza per coloro che arriveranno via mare”. E gli sbarchi, una volta passato il mare grosso, riprenderanno come sempre.

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