Quando le dimensioni contano. A Pretoria in Sud Africa la sentenza di un tribunale ha proibito al governo centrale di comprare 11 milioni di preservativi femminili dalla Cina perché “troppo piccoli per i sudafricani”. Lo rivela il quotidiano nazionale Beeld, secondo cui la società sudafricana Siqamba Medical, precedentemente autorizzata dal ministero delle Finanze, dovrà rinunciare al maxi contratto. A far ricorso in tribunale è stata una concorrente nazionale, la Sekunjalo Investments Corporation, secondo cui i preservativi cinesi sono “più corti del 20%” rispetto quelli venduti abitualmente nel Paese.

Il giudice Sulet Potterill ha dato ragione alla società ricorrente dal momento che i preservativi in questione “sono troppo piccoli, di pessima qualità e non rispettano gli standard dell’Organizzazione mondiale della sanità”, riferisce il quotidiano Beeld. Si tratta di “preservativi femminili”, quindi non di condom tradizionali. Questi preservativi si inseriscono nella vagina, sono molto resistenti ed efficaci sia come metodo contraccettivo che come protezione dalle malattie sessualmente trasmissibili, compresa l‘HIV/AIDS. Certo, avrà pensato il giudice sudafricano, a patto che siano della giusta dimensione. Il preservativo femminile è disponibile in Europa dal 1992 ed è ora presente in dozzine di paesi in tutto il mondo.

Se la sentenza in questione si presta infatti a destare ilarità, in Sud Africa l’HIV è una questione dannatamente seria. Proprio Johannesburg detiene il triste primato del tasso d’infezione da HIV più alto al mondo, con ben 5,38 milioni di sieropositivi su una popolazione di 50 milioni. In generale tutta la situazione dell’Africa subsahariana (tutta la parte del continente africano situata a sud del deserto del Sahara) è a dir poco drammatica, con il 6% delle persone 15-49 anni affette da questo virus (dati UNAIDS, Joint United Nations Programme on HIV and AIDS). Parliamo di qualcosa come 25 milioni di malati da HIV.

Alla luce di questi dati acquista rilievo la sentenza del giudice di Pretoria, dal momento che i preservativi cinesi in questione, marca Phoenurse, non risultano approvati dall’Organizzazione mondiale della sanità, dall’US Food and Drug Administration Agency e dal South African Bureau of Standards, sempre secondo quanto riporta il quotidiano Beeld. E questo sia per le dimensioni ridotte che per il materiale, visto che è stato utilizzato il più economico poliuretano invece che del più sicuro e resistente nitrile.

“È impensabile che un dipartimento governativo abbia autorizzato una compagnia a vendere preservativi che non sono in regola con gli standard di sicurezza”, avrebbe affermato il giudice Potterill, secondo quanto si legge su Beeld. Impensabile o meno, la maxi commessa è stata fermata e la compagnia rivale, la Sekunjalo Investments Corporation che si era rivolta al tribunale, potrà vendere i suoi di preservativi, prodotti dalla Female Health Company (FHC).

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