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God Bless Letterman!

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David Letterman è tornato visibile in chiaro sulla Rai, su Rai 5 per l’esattezza, dopo “l’esilio” su Sky Uno. Chissà che non succeda anche al Guzzanti di Aniene

Fa sempre un certo effetto vedere il Late Show with David Letterman qui da noi, in Italia, trasmesso da quella stessa nostra tv che mai e poi mai permetterebbe ad un comico nostrano (sempre che ce ne sia uno in grado) di fare altrettanto: un night show all’americana, cioè un talk satirico e irriverente caricato di umorismo surreale.

Contraddizione? Schizofrenia della tv italiana? No: per i dirigenti televisivi italiani “il Letterman”, come lo chiamano da noi, è un esotismo, un’eccentricità, una piccola trasgressione dai “canoni del canone” accettata solo perché lontana, distante, americana(ta), aliena: un “corpo estraneo”. E i sotto-titoli non fanno che sottolineare, mantenere e conservare l’estraneità di questo genere di programma dalla nostra televisione.

Abbiamo importato ogni genere (e sotto-genere) di format dagli Usa, ma questo, uno dei più “antichi”, tradizionali e collaudati, proprio non riusciamo ad importarlo. L’eccezione di Luttazzi conferma la regola: i suoi Barracuda e Satyricon erano solo dei calchi, delle cover, inquinate alla fonte dalla mancanza di ironia, dai plagi a pioggia e dalla serialità corta (i night show americani sono giornalieri e durano tutto l’anno, non sono eventi, e questo già cambia tutto, dall’approccio alla ricezione).

In Italia – lo dico per esperienza – se proponi un night show all’americana,“il Letterman” , ti guardano subito male. In ambienti televisivi italiani gira addirittura la storia che “il Letterman porta sfiga”, che chi ha provato a farlo è finito male – la jella in Italia funziona sempre come deterrente. Oppure si usano giustificazioni più logiche, del tipo “da noi non ci sono quegli ospiti”. Non capendo – o facendo finta di non capire – che la questione ospiti si risolve, appunto, con l’ironia; e che lo specifico di un night show all’americana non sono le guest, ma l’umorismo e l’irriverenza. Letterman è mainstream e ha come ospiti delle vere star; ma molti night show americani hanno ospiti assai più “a dimensione umana” – per non parlare di Bill Maher, che nel suo Real Time su Hbo ospita anche giornalisti, politologi, professori universitari, politici non di primo piano…

La verità è che qui c’è la censura: ecco cosa non rende possibile un Letterman italiano. Anche in America ci sono i censori: ma la loro non è una censura politica, semmai è dettata dagli sponsor, cioè da ragioni commerciali; da loro la censura è un limite ma non un ostacolo, quindi “antipatica” ma almeno pragmatica, non ideologica né demenziale. Dico questo perché la mia esperienza mi ha portato a scoprire che in genere, specie in Rai, la censura funziona per tag.

Un anno fa su Rai Due all’interno di un mio monologo paradossale facevo la seguente battuta: “Fateci caso: all’estero i capi di governo sono tutti stranieri. Solo in Italia il premier è italiano! Siamo un’anomalia!”. Questa battuta mi fu censurata perché in Rai non si può dire che il premier è italiano! (Nota: sapevo che non si potesse dire che Berlusconi è mafioso, sapevo che non si potesse dire che Berlusconi è puttaniere, ma – giuro! – non sapevo che non si potesse dire che Berlusconi è italiano!)

Inoltre, quella americana è – il più delle volte – una censura dialettica, fatta anche di scontri, ma con margini di trattativa (leggersi il libro Censurato! di William G. Clotworthy per credere). Ti tagliano una battuta, non ti chiudono il programma. Insomma: salvo eccezioni, con i censori negli Usa ci si convive.

Tanto è vero che, dato che non ci pensano i funzionari della Cbs, a censurare Letterman ci vogliono pensare i terroristi islamici, che di recente hanno minacciato Dave di “tagliargli la lingua” (altro che editto bulgaro). Una fatwa jihadista su cui Letterman, rientrando lunedì in studio dopo la pausa estiva dello show, ha subito scherzato. Ricordando come il martirio satirico aumenti l’audience. Una battuta che i “martiri” di casa nostra ancora non hanno fatto.

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