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Gli italiani sono “pronti alla morte”?

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Mi fanno impazzire tutti quegli italiani che, prima o dopo le manifestazioni sportive, cantano l’inno nazionale. Calciatori, rugbisti, nuotatrici, tifosi. Tutti a cantare e anche in maniera convinta. Ma sentono realmente l’appartenenza a questo Paese? O la sentono solo ed esclusivamente perché qualche milionario in pantaloncini o qualche bella chiappa sportiva vince una medaglia?

Ho sempre fatto a meno di sport (ahimé, la pancia lo dimostra) ma non ho mai fatto a meno di amare l’Italia, un Paese dove sempre di più ci si attacca a loghi, simboli e bandiere. Ed è un peccato che soprattutto queste ultime siano sempre tutte di partito, movimenti, associazioni, sindacati. Il nostro tanto “amato” Tricolore viene “sfruttato” ogni quattro anni per i campionati del mondo di calcio o per qualche parata militare in pompa magna.

L’ultima volta che ho visto sventolare bandiere italiane è stata durante la manifestazione del 23 maggio a Palermo: tanti giovani, giovanissimi studenti (scuole elementari e medie) che tenevano alti, per quel che potevano, i loro piccoli tricolore, durante il corteo, per ricordare Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. E non ho visto bandiere tricolore per il 2 giugno, Festa della Repubblica. Neanche una che sventolasse da qualche balcone o appesa in qualche vetrina di negozi. Niente.

Ma a parte tutto questo patriottismo “a orologeria”, gli italiani conoscono il senso del nostro inno nazionale? Sanno di cosa parla? O ancora, sanno perché i colori della nostra bandiera sono proprio il verde, il bianco e il rosso? Sicuramente in molti sapranno rispondere a queste domande ma anche no. Il punto, però, non è questo. Nell’Inno di Mameli, alla fine di ogni strofa, c’è scritto: “Siam pronti alla morte, l’Italia chiamò”.

L’Italia chiama da troppo tempo e gli italiani non rispondono. E oggi, malgrado questa crisi economica sempre più pesante, questi ciarlatani che si spacciano per politici in grado di risollevare il Paese eliminando disoccupazione, criminalità, debito pubblico, mafia, in grado di aumentare la sicurezza nelle città, di diminuire le tasse e rendere le scuole migliori, gli italiani continuano a non rispondere.

Io ho risposto alla chiamata dell’Italia da molto tempo e lotto ogni giorno segnalando, pubblicando, denunciando e, perché no, anche attraverso la satira, cantando le nefandezze di politicanti che in molti, magari, non conoscono. Continuo a pensare che in questo Paese esistano tre categorie di persone: i mafiosi, gli omertosi e gli uomini. Io, per mia fortuna, faccio parte dell’ultima categoria. Uomo, con schiena dritta, onestà e dignità, così come mi hanno fatto crescere i miei genitori.

E mi rifiuto di pensare che di uomini ce ne siano pochi in Italia. Sono sicuro che anche voi che state leggendo, facciate parte dell’ultima categoria. E allora cominciamo a far vedere che gli uomini con la schiena dritta, onesti e pieni di dignità possono fare la propria parte senza aspettare, senza delegare e senza affidarsi al leader, al guru o al messia di turno. Perché come diceva Gandhi: You must be the change you want to see in the world”. E se non sapete cosa significhi, cercare la traduzione di questo pensiero sarà il primo passo verso il fare la propria parte.

di Tony Troja

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