Il capo dello Stato Giorgio Napolitano ha emanato a tempo di record il decreto approvato ieri pomeriggio dal Consiglio dei ministri “nello spirito del giro d’orizzonte compiuto nei giorni scorsi sui gravi rischi per l’Italia determinati dalle tensioni sui mercati internazionali”.  Insomma, un’urgenza motivata dal Quirinale come necessaria per scampare agli strali della Banca centrale europea pur restando “fermo il dovere di un confronto aperto in Parlamento e sul piano sociale, attento alle proposte avanzate con la responsabilità che l’attuale delicato momento richiede”, come si apprende dagli stessi ambienti del Colle. Una vittoria per Silvio Berlusconi che, appena terminata la conferenza stampa di oggi per illustrare la manovra “per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo”, si è intrattenuto con i giornalisti per far sapere quanto i leader europei apprezzino le misure anticrisi italiane: “Ho avuto contatti con gli altri leader dell’Unione europea stamattina, una lunghissima telefonata con la signora Angela Merkel. Ho parlato con il presidente della Bce, Trichet, e ho in programma altre telefonate tra stasera e domani”. Telefonate, ovviamente, “di forte apprezzamento”. Come quella che il Cavaliere spiega di aver avuto con il Presidente del Consiglio Europeo, Herman Van Rompuy subito dopo il vertice: “Nel corso della lunga e cordiale telefonata il presidente Berlusconi ha aggiornato il presidente Van Rompuy sui dettagli della manovra finanziaria approvata ieri dal Consiglio dei ministri – si legge in una nota della presidenza del Consiglio – “Il presidente Van Rompuy ha rivolto parole di forte apprezzamento per l’azione di rigore messa in atto dal Governo italiano”.

Eppure, la strada della manovra appare in salita. Non solo per le condanne da parte dell’opposizione e della Cgil che, per bocca del segretario Susanna Camusso bolla le misure come “profondamente ingiuste”, quanto piuttosto per la pioggia di critiche proveniente dall’interno del Pdl.

Partiti in quattro due giorni fa, diventano nove i parlamentari Pdl che animano la fronda contro Giulio Tremonti e la manovra fresca di varo in Cdm. Antonio Martino, Giuseppe Moles, Giancarlo Mazzuca, Santo Versace, Alessio Bonciani e Deborah Bergamini si aggiungono a Guido Crosetto, Isabella Bertolini e Giorgio Stracquadanio – che già avevano avvisato: “Il nostro voto non è scontato” dopo la presentazione della bozza da parte del ministro dell’Economia – nel dire che “non abbiamo sbagliato nel giudicare deludente l’intervento del ministro dell’Economia. Il decreto legge presentato dal governo è poco convincente per due ragioni fondamentali: non affronta seriamente i problemi strutturali che hanno portato la spesa pubblica al 52% del Pil e il debito pubblico a dimensioni insostenibili; e aumenta le tasse sul reddito già troppo elevate”.

“Il presidente del Consiglio, il leader politico che per primo ha proposto un coerente programma liberale, sostiene, a ragione, di avere il cuore che gronda di sangue. Eppure – proseguono i 9 parlamentari Pdl – non è affatto impossibile almeno emendare il decreto per rafforzare e rendere più certe le misure riformatrici, come ad esempio quelle relative alla privatizzazione dei servizi locali, ed evitare un per niente inevitabile aumento delle tasse”. “Per rispetto della parola data agli elettori, per rispetto delle nostre convinzioni, per la certezza data dall’esperienza che più tasse vogliono dire meno lavoro e meno sviluppo, abbiamo deciso – annunciano – di presentare una serie di emendamenti che sostituiscano le maggiori tasse con migliori riforme, che riducano l’impatto depressivo sull’economia, che riducano la spesa pubblica in rapporto al Pil. Le nostre saranno proposte concrete, misurabili e diverse tra loro, di modo che il Parlamento possa discutere e scegliere quelle che riterrà migliori”.

Del resto, il 26 giugno intervistato dall’Ansa, il sottosegretario alla Difesa Crosetto si era già scagliato contro le bozze della manovra economica: “Andrebbero analizzate da uno psichiatra” e dimostrano che Tremonti vuole solo “trovare il modo di far saltare banco e governo”, aveva detto Crosetto all’indirizzo del titolare di via XX settembre. Il deputato del Pdl si era detto “stufo” di “sentire pontificare una persona che predica benissimo e razzola malissimo” visto che “l’unico ministero che non ha subito tagli alla spesa corrente, ma anzi l’ha aumentata, è il suo”.

E al coro di proteste interne si aggiunge anche il presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro: “La manovra varata del governo è obbligatoria e non era facile ma ci sarebbe voluto più coraggio perché sulla previdenza bisognava osare di più e si poteva intervenire aumentando, almeno di un punto, l’Iva. In sede di conversione mi auguro possano esserci interventi migliorativi perché – sottolinea il governatore – il rischio di rottura della tenuta sociale è reale con i tagli ai trasferimenti che penalizzano le fasce sociali più deboli e quindi penalizzano il Sud. Anche sugli enti locali una maggiore dose di coraggio avrebbe prodotto effetti migliori. Il tetto di 300 mila abitanti per la soppressione delle province poteva essere innalzato a 500 mila e quello dei comuni a 2000 abitanti . Così come è giusto prevedere l’accorpamento delle Regioni.

Come Caldoro, anche la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia chiede di “sfruttare il passaggio parlamentare per riformare le pensioni di anzianità e fare un “piccolo aumento dell’Iva”. Lo chiede la leader degli industriali in un’intervista al direttore del Sole 24 Ore in edicola domani.”Faccio una proposta a maggioranza e opposizione – spiega Marcegaglia – il decreto verrà discusso in Parlamento, si sfrutti questo passaggio per modificare il punto essenziale di questa manovra unendo insieme rigore e sviluppo: si riformino le pensioni di anzianità. In questo modo si recuperano in modo strutturale risorse fino a 7 miliardi di euro in due anni e si può ridurre il prelievo di solidarietà sul ceto medio, che rischia di avere una funzione depressiva superiore al previsto dare una spinta allo sviluppo, a partire dalle infrastrutture”. “Si può fare anche di più – avverte poi la presidente di Confindustria – con un piccolo aumento dell’Iva, anche un solo punto, che può valere fino a 6,5 miliardi di euro, si recuperano altre risorse strutturali per ridurre le tasse sul lavoro, in primis quelle che riguardano i giovani”.

Non manca infine la polemica interna alla Lega Nord. “Quei tagli sa farli anche un bimbo”, ha commentato Flavio Tosi in un’intervista al Corriere della Sera che uscirà domani riferendosi alla manovra che tanto ha impegnato il suo collega di partito nonché ministro per la Semplificazione normativa Roberto Calderoli. La risposta arriva a stretto giro di posta: “Se qualcuno vuole fare il primo della classe, la porta è sempre aperta”, ha detto Calderoli all’Adnkronos criticando chi “nella Lega e nel governo” ha manifestato perplessità sulla manovra attraverso interviste. Ma il sindaco leghista di Verona dà voce ai ‘maldipancia’ della base del Carroccio facendo però arrabbiare non poco i dirigenti ‘lumbard’ che difendondo quelle “scelte sofferte e difficili” fatte – spiega sempre Calderoli – “restando al governo, pur di tutelare i cittadini dal rischio di perdere la pensione o di andare in banca e trovare i risparmi dimezzati”. “Chi fa dei distinguo dalla linea del movimento, linea dettata da Umberto Bossi, si mette da solo fuori linea”, tuona Calderoli. Il ministro, che è anche coordinatore delle segreterie del Carroccio, non cita mai Tosi, ma il riferimento al sindaco scaligero appare esplicito: “Vedo che c’è chi fa affermazioni sui giornali – spiega – pensando di essere stato eletto per la propria bravura non perché appartenente al movimento”.  Nel partito si fa notare che l’irritazione è rivolta anche ad altri esponenti locali (“dal consigliere comunale in su”, dice Calderoli): un riferimento alle parole del presidente della provincia di Sondrio che ha criticato il taglio del suo ente prima di scoprire che proprio un intervento leghista (la manina salva Sondrio) nel testo l’ha salvato dalla scomparsa.

In ogni caso, nel partito fondato da Umberto Bossi si notano segni di scollamento. Il “sacrificio” della manovra sembra costare caro ai ‘lumbard’, alle prese da mesi con forti tensioni interne. Tensioni acuite da provvedimenti che toccano soprattutto le casse degli enti locali e di quegli amministratori che sono la base dei dirigenti della Lega. Tra questi, in forte crescita di popolarità tra i leghisti, c’è proprio Tosi che inoltre è sempre nelle prime posizioni nel gradimento dei cittadini nella classifica dei sindaci. Indicato da tempo nell’orbita del ministro Roberto Maroni, il primo cittadino veronese si è lasciato andare a dichiarazioni ‘non ortodosse’, criticando “una manovra fatta male” che “è incapace di tagliare gli sprechi così come di rilanciare l’economia”. La sua voce suona isolata ma nel partito molti amministratori locali, delusi per le misure che dissanguano le casse dei loro enti, la pensano come lui.

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