Una legge devastante per la giustizia è stata approvata in Senato con la fiducia. Il cosiddetto  “processo lungo” è una normativa che salva mafiosi, delinquenti abituali e non, colletti bianchi corrotti. Per le vittime, invece, è azzerato di fatto il diritto alla verità.

L’emendamento “allunga processi”, a firma di Franco Mugnai del Pdl (approvato in Commissione giustizia del Senato ai primi di aprile), prevede, infatti, che la difesa possa presentare sterminate liste di testimoni. Di più. Fa carta straccia della “norma Falcone”(articolo 238 bis del codice di procedura penale) perché vieta in un dibattimento l’utilizzo come prova delle testimonianze già acquisite in altri processi con sentenza passata in giudicato. Ogni volta, dunque, si può ripartire da zero e la prescrizione diventerà inevitabile per decine di migliaia di processi.

Le nuove regole rappresentano un mix fortunatissimo per il processo milanese a carico di Silvio Berlusconi per la corruzione in atti giudiziari dell’avvocato David Mills. Al momento, la sentenza della Cassazione per il testimone corrotto (e prescritto) è stata acquisita in dibattimento e rappresenta una spada di Damocle per il presidente del Consiglio. Anche se, rispetto a quando l’emendamento è stato architettato, per scelte anche del collegio giudicante, la prescrizione scatterà comunque, quasi sicuramente, prima della sentenza di primo grado.

Ma Berlusconi deve ipotecare  gli altri procedimenti, quelli per i presunti reati fiscali: Mediaset e Mediatrade. E anche se la prescrizione è nel 2025, deve dilatare i tempi del processo per il caso Ruby. Come accade per tutte le leggi ad personam, al netto dei  “Lodi” Schifani e Alfano, l’effetto su tutti gli altri processi è catastrofico.

Un esempio: se allo stadio, durante una partita di calcio con 30 mila spettatori, è stato commesso un omicidio, l’accusa chiamerà in dibattimento, verosimilmente, solo pochi testimoni. Quelli in grado di riferire elementi certi su quanto avvenuto. Ma con la nuova legge, la difesa di chi è imputato può chiedere che vengano a testimoniare, in astratto, tutti e 30 mila gli spettatori. Basta che sappia dare una buona motivazione e il giudice è obbligato ad accogliere la richiesta. Gli viene quindi tolto il potere di determinare la lista testi in base all’attuale concetto di “superfluità”. E  se non accoglie le richieste il processo può essere annullato.

L’emendamento Mugnai prevede, infatti, che “Il giudice…a pena di nullità ammette le prove ad eccezione di quelle vietate dalla legge e di quelle manifestamente non pertinenti…”.  Il trucco per obbligare il giudice all’ammissione dei testimoni è proprio in quella frase: “non manifestamente pertinenti”, significa che se gli avvocati hanno una mezza giustificazione per la loro richiesta, sia pure abnorme, la spuntano. Anche se l’intento è chiaramente quello di allungare il processo e arrivare così alla prescrizione.

Questa legge, che dovrà tornare alla Camera, vale non solo per i processi di primo grado in corso (altrimenti non servirebbe a Berlusconi), ma persino per i processi di mafia e per quelli con rito abbreviato, concepito, appunto,  per durare poco grazie alla concessione dello sconto di un terzo della pena. E pensare che il disegno di legge originario aveva tutt’altro scopo: “Inapplicabilità del giudizio  abbreviato ai delitti puniti con la pena dell’ergastolo”, prima firmataria la deputata della Lega, Carolina Lussana.

Dunque una legge scritta per impedire benefici a chi è accusato di reati gravissimi. Nella versione originale è stato approvato alla Camera a febbraio. Poi il blitz in Senato del Pdl, in aprile: l’approvazione in Commissione giustizia dell’emendamento “allunga processi”. Ieri, il voto definitivo della maggioranza in aula. Anche con il sì della Lega che, però, quando fa i raduni padani inneggia alle manette e grida “sicurezza sicurezza”.

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