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Salviamo le Alpi dai libri di Mauro Corona

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A proposito di “decrescita felice”, meno libri per tutti — come auspica Marco Cassini di Minimum Fax — se c’è qualcuno che dovrebbe abbracciare con entusiasmo questa prospettiva è proprio Mauro Corona, con quel look da cavernicolo chic e la sua esibita frugalità montanara. E invece no, lui continua a scalare le vette della letteratura scaraventando da tremila metri sulle nostre povere teste pregevoli volumi che la Mondadori stampa regolarmente su carta non riciclata (ben diciassette in quattordici anni).

La vera decrescita che Corona sogna e vorrebbe imporci, è quella dei consumi e dei redditi (i nostri, come se non fossero già abbastanza taglieggiati dal montanaro Tremonti). Nella sua ultima fatica, La fine del mondo storto, che ha pure vinto il Premio Bancarella, lo scrittore-scultore-alpinista immagina un futuro agghiacciante privo di luce elettrica, di petrolio e di auto, dove i pochi sopravvissuti riscoprono le gioie di una vita in armonia con la natura.

In attesa che quest’opera immortale venga applaudita dalle frugali damazze di “Cortina Incontra”, reduci da escursioni alle Tofane col Cherokee, raccomanderei ai veri appassionati di montagna una lettura alternativa e meno scontata: Alpi segrete di Marco Albino Ferrari (Laterza). In queste pagine, gli effetti combinati di una decrescita e di una crescita ugualmente selvagge vengono documentati con grande efficacia narrativa. Nel sorvolare a bassa quota l’arco alpino, le nostre montagne appaiono all’autore «un universo dimenticato, dove ritorna a regnare incontrastata la natura primigenia». Con lo spopolamento degli anni ’60-’70 e la fine dell’agricoltura e dell’allevamento, le foreste dilagano, il paesaggio si inselvatichisce, lupi orsi e cinghiali tornano a scorrazzare come nei secoli bui. Certo, prolificano le San Martino di Castrozza, tutte condomini, alberghi, pub e impianti di risalita. Ma sono isole, spazi circoscritti nei quali il turismo ha plasmato il territorio. Intorno, un oceano di alberi e roccia dove per chilometri non scorgi anima viva. Della civiltà alpina, intesa come felice connubio tra uomo e natura, è sparita quasi ogni traccia.

Alla retorica talebana dei Corona e dei Messner, Ferrari contrappone una visione più realistica e convincente. Nelle Alpi di oggi, Mountain Wilderness, la montagna desertificata, più che un auspicio è un dato di fatto di cui abbiamo ben poco da rallegrarci. È di Mountain Habitableness, di pastori, baite e contadini d’alta quota che ci sarebbe bisogno per salvare le Alpi. Ma Corona preferisce spegnere la luce e farci morire di freddo.

Saturno, 22 luglio 2011

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