Due ministri, quello della Difesa e dell’Interno (La Russa e l’ospite alleato leghista Maroni), un ex ministro (alla Cultura, Sandro Bondi) e un sottosegretario come Maurizio Gasparri, oltre al coordinatore regionale, Filippo Berselli e al presidente della Regione Lombardia, Formigoni. Lo stato maggiore di un partito, quello del Popolo delle libertà, riunito (da non confondere con unito) e neppure centocinquanta persone ad ascoltarli.

La crisi del Pdl, nel giorno dei veleni sul Lodo Mondadori, si mostra in tutta la sua crudità a Mirabello, paese della pianura padana vicino a Modena, Ferrara e Bologna, nel cuore rosso sbiadito dell’Emilia, paesello che fu terra del Movimento sociale che qui portava migliaia di persone, nello stesso Mirabello in cui nel 1985, per raggiunti limiti di età, Almirante passò il testimone al suo delfino, Gianfranco Fini. E fu sempre qui (il caso vuole che sia il paese natale della mamma del presidente della Camera) che lo scorso anno Fini battezzò Futuro e libertà e segno lo strappo che ancora oggi riesce a far barcollare un governo tremulo.

Oggi doveva essere il Pdl simbolicamente a riprendersi il luogo dei significati, ma in termini di pubblico non si è verificato niente di tutto questo. Più che le presenze si notano le assenze, quella di Giulio Tremonti, non motivata, e quella del presidente del consiglio Silvio Berlusconi che, in genere, in queste kermesse, ritrova lo smalto dei giorni migliori.

Parole, tante, e sul gioco di parole si fonda la festa: “Come può uno scoglio”, la tavola rotonda di oggi, “Non sarà un’avventura” quella di domani e “Chiamale emozioni”, sabato e “Sì, viaggiare”, domenica. Parole di Battisti e Mogol. Parole come quelle di La Russa che sale sul palco e dice: “Vinceremo le elezioni nel 2013. Siamo pronti a superare qualsiasi scoglio. E non c’era posto migliore se non quello di Mirabello per affermarlo”.

Centocinquanta persone e volti tesi. Tutto sembra meno che una festa. E non potrebbe essere altrimenti, visto quello che accade.

“Noi abbiamo una forte leadership”, spiega La Russa, “ma abbiamo un futuro, e Alfano, domani, sarà la dimostrazione di questo. Perché la sua non sarà un’avventura. E questo non poteva essere luogo migliore”. Ma anche nello squillo della voce non è lo stesso La Russa di sempre. Si infiamma meglio davanti alle telecamere. E non sorride Sandro Bondi, arrivato con la sua giovane moglie, senza più nemmeno la scorta.

La prima uscita, quella di Bondi, dopo essere stato defenestrato senza un grazie, massacrato come ministro e coordinatore del partito. Tocca proprio a Bondi parlare dello stato di salute del partito, delle innegabili difficoltà. “Una domanda non facile”, dice l’ex poeta, ministro e coordinatore. “La rottura con Fini è stata una scissione dolorosa, se ci fosse stata avrebbe avuto un epilogo (dice così, poi si corregge con la parola evoluzione ndr) diverso. Tutti abbiamo cercato di scongiurare quella scissione. Ma il confronto con Fini, a volte duro, era perché volevamo un confronto democratico”.

Il poeta Bondi a ruota libera, d’altronde è anche la sua festa. Dunque nessuna domanda scomoda, né prima né dopo.

Ma Bondi non resiste. Non ce la fa a non idolatrare Berlusconi. Più forte di lui. “Siamo arrivati ad avere questa forza grazie a Berlusconi. Il vento di cambiamento c’è stato. Innegabile. Ma dovremmo raccogliere questa sfida”. Applauso timido.

Un lungo applauso, invece, e addirittura un bis, introduce il ministro dell’Interno Roberto Maroni: “L’alleanza Lega Forza Italia e Lega Pdl sia stato e sia un fattore di innovazione. Ma la spinta non si è assolutamente esaurita. Siamo alla fine del processo federalista? Nemmeno. Il processo ha un inizio, un percorso e un termine. Passare da uno Stato iper centralista come quello italiano è lungo e faticoso. Dunque non sono insoddisfatto di quello che abbiamo ottenuto”.

Stanco, rosso di una recente scottatura al sole, Maroni parla, ma Mirabello non è Pontida. Le frasi a effetto le tiene nel cassetto. Salva l’alleanza Maroni? Diciamo che ne accenna, ma non ne parla. Sa bene che l’evoluzione sarà lunga. “Andiamo nella direzione giusta, io sono ottimista”, dice. E poi: “I giornali scrivono che il governo è sotto l’egemonia della Lega, ma non è così. Noi discutiamo, abbiamo opinioni diversi, ma l’intesa la troviamo sempre. Non è una coalizione litigiosa, ma che discute”.

Poi chiude: “La fase politica del centrodestra può cambiare gli uomini, ma non l’ideale comune”.

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