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Tre cose sul manifesto
del Pd

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Alcune cose, tanto per chiarire, sulla questione del manifesto sessista del Pd. Molti sono stati gli argomenti di chi difende quella immagine e la comunicazione che sottintende. Ecco perché non convincono.

1) “Non è volgare”.
Nessuno ha detto che sia volgare, semplicemente che è discriminante e offensivo per la dignità delle donne. Se dici “negro” a una persona di colore non sei “maleducato”, sei razzista. Ecco la differenza tra discriminazione e volgarità.

2) “E’ un manifesto concepito per una Festa non per un convegno che so io sullo stupro o la violenza! Per cui un po’ d’ironia non guasta. E’ un nuovo modo di vedere la donna: libera, disinvolta, sicura di sé per una ritrovata identità” dice Gianluca Santilli, responsabile comunicazione del Pd romano.
Giusto, ci vuole ironia. Infatti anche il leghista Polledri faceva satira quando ha detto alla deputata del Pd: Se ci caliamo le braghe ci può essere una bella sorpresa per te. Apparentemente i due fatti sono diversi e distanti. Nella sostanza invece sono le due facce della stessa medaglia. Se l’avesse fatto la Lega un manifesto del genere, qualcuno avrebbe il coraggio di dire che che è fresco, allegro e divertente o non un esempio di retrogrado celodurismo?

3) “Siete delle bacchettone, moraliste, bigotte, vecchie retrograde femministe” eccetera. Che fa il paio con Filippo Facci che parla di bigottismo femminista e perbenismo di sinistra.
Sempre le solite frasi. Il rispetto delle persone parte dalle parole e dalle immagini. Ma forse sono concetti troppo difficili da capire? Tempo fa il  giornalista del Financial Times Adrian Michaels, atterrò a Fiumicino e fu accolto dalle scollatura di Elisabetta Canalis oversize con il cellulare all’orecchio che pubblicizzava una tariffa telefonica della Tim. Fu quello lo spunto per un articolo sul Paese delle donne nude, dove si diceva che quello era il simbolo  dell’“arcaicità” della pubblicità italiana.

“Dal mio trasferimento a Milano, tre anni fa — scriveva Adrian Michaels —, mi sono chiesto perché nessuno sembri preoccuparsi dell’uso incongruo che viene fatto della donna nella pubblicità e in tv”. Michaels elenca i balletti de L’Eredità, la gara per la successione al «trono» delle Veline, Ilaria D’Amico di cui “nessuno può dire che non conosca il calcio”, ma che va in onda “invariabilmente in tubino nero”, in piedi, circondata da ospiti “tutti uomini, tutti in giacca e cravatta, tutti seduti”. In Gran Bretagna o negli Usa, sostiene il Ft, “questo susciterebbe reazioni di ogni tipo”; in Italia, l’abitudine ha avuto la meglio. Poi però non prendetevela con Antonio Ricci e le veline…

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