Torna libero Beppe Signori, che era stato posto agli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta sul calcio scommesse. Lo ha deciso il Gip di Cremona Guido Salvini. Signori era stato arrestato la mattina del primo giugno. Lo avevano aspettato alla stazione di Bologna, mentre rientrava da Roma. Il tempo di mostrargli l’ordinanza di custodia cautelare, le firme in questura, poi a casa, nella sua residenza di via Bottrigari.
Insieme a lui, quella stessa mattina, sedici persone finirono agli arresti, tutti coinvolti nell’operazione “Last bet”, l’ultima scommessa, in totale 64 indagati, coordinata dalla procura di Cremona e condotta dalla squadra mobile della città lombarda e dallo Sco.
Lui, Beppe Signori, ha sempre continuato a parlare di un grande equivoco. Ma gli inquirenti, al tempo stesso, lo hanno sempre collocato al centro dell’organizzazione bolognese, quella che gestiva le scommesse e provava a influire sui risultati delle partite.
La “cricca” dei bolognesi, di cui – secondo gli inquirenti – oltre all’ex bomber, considerato il capo, facevano parte i due commercialisti Francesco Giannonne e Manlio Bruni, studio a Bologna nella centalissima e prestigiosa via Ugo Bassi, pretendeva infatti dagli intermediari titoli bancari a copertura delle giocate di denaro da effettuare, rilasciando a loro volta come garanzia dell’avvenuta scommessa un assegno pari all’importo della giocata. I quattrocentomila euro potrebbero quindi rivelarsi una prova decisiva in mano agli investigatori. E mettere nei guai seri Signori. Che però ai suoi legali ha continuato a dire di essere al centro di un gigantesco errore.
“Voglio riuscire a chiarire questo spaventoso equivoco, dimostrando la mia estraneità . Qui c’è gente – la sua convinzione – che ha usato il mio nome come specchietto per le allodole, millantatori coi quali non ho mai avuto nulla a che fare”. Il piacere della scommessa non l’ha mai negato né nascosto (“e’ il mio approccio alla vita per non appiattirmi”), ma Signori ai suoi avvocati ha cercato di spiegare che “fare scommesse non significa truccare le partite, non e’ mel mio carattere, non mi appartiene”.
Signori è accusato di aver puntato e perso 150 mila euro su Inter-Lecce. “Il mio cliente – afferma l’avvocato Alfonso De Amicis, uno dei legali che assiste, insieme a un pittoresco investigatore privato, l’ex attaccante del Bologna e della Nazionale – pur essendo benestante, non ha una disponibilità tale e comunque mi ha spiegato che non avrebbe mai affidato una somma del genere a quella sorta di armata Brancaleone”. Secondo i legali di Signori “non c’è nulla che tenga in piedi l’accusa di associazione per delinquere. Tra le telefonate intercettate, non ce n’è una nella quale compaia Signori: il suo nome è sempre citato da terzi”.
Durante l’interrogatorio Beppe “duecento gol” Signori, come lo hanno ribattezzato io giornali e come veniva nominato nelle intercettazioni, ha raccontato di aver saputo di una combine per la partita Inter-Lecce (che non ci fu, a vedere il risultato), ma al tempo stesso disse di non aver mai provato a influire su quel risultato. “Era il 15 marzo, e quella sera”, ha raccontato Signori, “venni chiamato da Francesco Giannone e Manlio Bruni. Mi dissero che dovevo conoscere delle persone, senza specificarmi chi. Nell’incontro dello studio di via Bassi mi è stata fatta una proposta per corrompere i calciatori di Inter e Lecce. Io a quella proposta dissi di no, e non ho mai tenuto un quaderno (trovato a Signori durante una perquisizione ndr), ma ho preso appunti sulla proposta che mi veniva fatta dalle persone che poi ho saputo essere il titolare di agenzie di scommesse Massimo Erodiani e il calciatore Antonio Bellavista. Avrei dovuto pagare 40.000 euro. E non lo feci. Io che poi non ho mai scommesso cifre elevate, al massimo 3-400 euro”.
Secondo quanto ha detto l’avvocato di Signori il finanziatore della combine casomai era Giannone, e non il suo cliente. L’ex capitano rossoblu sarebbe accusato anche di aver influito su un’altra partita, questa volta tra Atalanta e Piacenza. Secondo l’avvocato Caroli, “c’è una intercettazione chiarissima, 4 giorni dopo Inter-Lecce di una telefonata tra Giannone ed Erodiani in cui si capisce molto bene chi ha finanziato l’operazione, cioè lo stesso Giannone”.