Festeggiamo, senza troppe analisi, una vittoria elettorale a lungo attesa, e perciò liberatoria. Abbiamo a lungo sofferto, e ancora soffriremo: non per motivi di fazione, ma per il declino che l’Italia di Berlusconi ha subito, che molti di noi hanno contrastato a mani nude, impotenti ed irrisi, talvolta coinvolti. La limpida, ormai inappellabile fine del berlusconismo, che si profila, è molto di più di una vittoria di parte. E’ – potenzialmente – l’inizio della fine del ‘declino’.

Da quando il mondo è mondo, il declino è prima di tutto caduta dell’etica e del senso civico, del rispetto per il prossimo e per le proprie responsabilità; e della voglia di creare. Sallustio: “In pace e in guerra, si viveva secondo l’arbitrio di pochi. Nelle loro mani erano l’erario, le province, le magistrature, onori e trionfi. … I padri e i figli dei soldati, se per caso confinavano con uno più potente, venivano cacciati dalle loro terre. Così l’avidità, assecondata dal potere, cominciò a propagarsi ovunque, portando con se corruzione e distruzione, e non avendo rispetto né timore religioso, e alla fine precipitò in rovina da sola. Infatti, quando emersero dei nobili uomini che preferivano la gloria a una ingiusta potenza, la guerra civile si scatenò come un terremoto”.

Dal 1945 nessuno, prima di Berlusconi, aveva osato piegare così profondamente ed apertamente la politica alla logica dell’arricchimento personale. In questa logica predatoria ha trascinato per anni politici locali, aspiranti parlamentari, donne, uomini, gruppi di elettori, intere categorie, travolgendo regole scritte e regole morali, svuotando i riti democratici di contenuto. Irridendo ai “tristi della sinistra” chiedeva ad ognuno di noi: ‘Se il paese è la nostra vacca da mungere, preferite essere munti o muntori?’. Per questo Berlusconi è stato l’ultimo ‘grande’ epigono di quella classe politica nostrana che sistematicamente, ogni volta al potere, ha aumentato il debito pubblico.

Ma questo gioco distruttivo aveva in se stesso il seme della sua fine. Come in un ‘Ponzi game’ della politica, il nostro aveva bisogno di remunerare continuamente i suoi supporters, o almeno di promettere che lo avrebbe fatto. In un paese che non cresce – perché la classe dirigente è impegnata in una forsennata caccia alla rendita personale, invece che orchestrare lo sviluppo – ciò significava togliere sempre di più agli ‘sconfitti’; e ciò a sua volta richiedeva l’abbattimento progressivo di tutti i vincoli, di tutti i doveri morali, delle leggi, di chi le fa rispettare; e in ultimo, della Costituzione.

Cosa prova che è questa l’interpretazione corretta del voto degli elettori? La Moratti è stata in testa nei sondaggi fino alla plateale calunnia televisiva contro Pisapia, profferita quando il suo competitor non poteva replicare. La gente l’ha considerata una scorrettezza contro il proprio diritto di conoscere la verità. De Magistris, come Pisapia, è un outsider; la sua vittoria è la sconfitta non solo di Lettieri e della destra, ma anche di Cosentino (Pdl), Cozzolino (Pd) e dei bassoliniani, che hanno tutti una concezione ‘privatistica’ della politica. Lo stesso Berlusconi era in difficoltà da tempo, ma la caduta dei consensi era lenta e graduale: fino a quando ha tentato di trascinare il suo elettorato nella campagna finale contro le istituzioni democratiche più importanti: un gioco obbligato quanto disperato. E la gente ha detto “Basta! Non ti seguiamo più”. La Costituzione è patrimonio comune – soprattutto – dei moderati: è il quadro giuridico che consente ai borghesi di sviluppare gli affari in pace.

Per questo oggi hanno perso – assieme ai topi che schizzano da tutte le parti fuori dalla barca che affonda – anche i cattivi maestri alla Giuliano Ferrara, propugnatori di una ‘democrazia’ giacobina e illiberale, non ‘occidentale’: dove la conquista e l’uso del potere non sono regolati e limitati da principi superiori. Gli italiani stanno dicendo al centro-destra: “Fate pace con la Costituzione!”. Se Bersani e c. si attrezzassero una buona volta per riparare la nostra democrazia una volta al potere, invece di fare i maiali orwelliani, forse, come paese, potremmo uscire dal declino. (Altrimenti, attenti a quello che arriverà dopo la caduta del prossimo governo di centro-sinistra).

Per questo oggi questa vittoria va estesa, allargata, offerta a tutti. E’ una opportunità nazionale, non per i numeri politici, ma per il suo significato. Solo se saranno in tanti a coglierla, ne trarremo un vantaggio duraturo. La Costituzione non è patrimonio di una parte. Non deve esserlo. Guai sono stati … quando lo è diventata! Ora tutto questo può cambiare. E sarebbe un cambiamento molto più profondo, molto più decisivo, per le sorti del nostro paese, di un semplice cambio di governo.

Amici del centrodestra: cogliete quest’occasione! Costruite una destra moderna e moderata. È una svolta profonda quella che vi si chiede. Moderna significa filo-europea. Moderata significa filo costituzionale. Ascoltate gli elettori. Da voi si aspettano comportamenti moderati, non parole.

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