Massimo Simonini, direttore artistico del festival internazionale di musica contemporanea AngelicA, ha concesso al Fatto Quotidiano Emilia-Romagna un’intervista esclusiva riguardo l’effettiva opportunità di costruire un Auditorium da 1800 posti a Bologna, come proposto recentemente dalla Fondazione Carisbo assieme a Renzo Piano e Claudio Abbado.

A margine della presentazione della venti giorni AngelicA che dal 5 al 28 maggio, tra teatro San Leonardo e conservatorio Martini di Bologna, teatro Rossini di Lugo e teatro comunale di Modena, vedrà avvicendarsi artisti del calibro di Roscoe Mitchell, John Tilbury e Heiner Goebbels, Simonini è intervenuto sull’argomento.

Dell’auditorium se n’è vista giusto una presentazione fuggevole, più che altro dal forte impatto visivo…

“Di questo auditorium ho sentito parlare, so che ha 1800 posti. In una foto piccolina se ne intravede la forma e si parla di un’ottima acustica, ma dei dettagli non si sa nulla”.

C’è già un precedente auditorium di Piano a Roma…

“Da fuori ha una bella forma a coccinella, è intrigante. Poi dentro tra un po’ che ti ci perdi, un po’ che ci metti ore per scaricare il materiale di scena e poi quando ti siedi le ginocchia toccano il seggiolino davanti, ti accorgi che alcuni elementi fondamentali del progetto sono stati trascurati”.

Tu hai parlato di un’idea del compositore tedesco Stockhausen, con cui AngelicA ha collaborato, per un auditorium del futuro: ce la puoi spiegare?

“L’idea che Stockhausen mi spiegò a parole tempo fa, è un progetto a forma di uovo. Lui diceva che le sale da concerto di oggi devono essere disegnate anche per la musica del futuro. Devono essere flessibili e non solo con un palco e due casse di fianco ai musicisti che proiettano il suono verso il pubblico. Stockhausen aveva pensato ad un esempio estremo di fruizione con una sala divisa in due, un palco schiena a schiena. Insomma un luogo flessibile nel numero dei posti e con un palco da trasformare”.

Sembra una proposta diversa dall’auditorium di Piano…

“Un nuovo spazio lo può disegnare chi vuole. Rimane ferma l’esigenza di uno spazio comunque flessibile, cosa che a me non sembra prevista nel progetto presentato giorni fa. A Bologna, per esempio, manca una sala da 400-500 posti. Si va dal Comunale in cui si siedono 800 persone al San Leonardo dove si svolgerà buona parte di AngelicA con 100-150 posti. Ecco che più che una sala da 1800 posti, difficile da gestire e riempire, avrebbe più senso una struttura flessibile capace di accogliere differenti tipi di esecuzione musicale”

L’idea è che il progetto Piano sia calato dall’alto, se non addirittura imposto alla pubblica amministrazione…

“Proprio per questo andrebbe fatta ora un’analisi sulle possibilità reali del progetto. Vediamo cosa succede a Bologna. Al Comunale per 700 posti si fa musica lirica, sinfonica, da camera, commissioni a compositori contemporanei viventi, una gestione classica con qualche punta di contemporaneità. Al San Leonardo, per 150 posti, noi di AngelicA facciamo musica più di ricerca. Ammettiamo che si faccia l’auditorium di Piano con 1800 posti che possono servire tutti per un grande evento. Momento eccezionale che non si ripeterà di certo tutti i giorni. Allora mi chiedo: se costruiamo uno spazio per la musica del futuro, che dovrebbe accogliere tutti gli orientamenti musicali, da Ornette Coleman a Mike Patton, servirebbe un luogo da 400-500 posti: sala piena, atmosfera calda e non tre quarti di sala vuota”.

Quale soluzione proponi nel concreto?

“Inviterei tutti quelli che si occupano di musica a Bologna per aprire un tavolo di discussione in cui ci si confronta, si ascoltano le istituzioni e un architetto prende nota delle osservazioni. Personalmente ribadisco che serve una struttura flessibile che ospiti dai 200/400 ai 1500 posti. L’idea va studiata bene, altrimenti c’è il rischio di ritrovarsi con un mostro architettonico che non rappresenta i bisogni e le necessità musicali reali della città”.

Ti senti di lanciare un appello pubblico per far nascere questa consultazione?

“Certo. Penso proprio che sarebbe buona cosa, al di là dello spirito d’iniziativa avuto dalla fondazione Carisbo, da Abbado e da Piano, aprire un dibattito sulla gestione ottimale di uno spazio del genere. Dare una linea d’indirizzo progettuale, prima di iniziare. Un nuovo spazio dedicato all’esecuzione dal vivo di ogni tipo di musica. Per quella lirica e sinfonica, ad esempio, abbiamo già il Comunale, peraltro in crisi, che ha un’acustica eccellente in quanto luogo antico costruito con sapienza. Vogliamo costruirne un inutile doppione?”