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Da piazza San Pietro a piazza San Giovanni, sacro e profano del Primo Maggio

Roma attraversata da un milione e mezzo di persone, tra pellegrini arrivati per la beatificazione di Giovanni Paolo II e lavoratori giunti per il concertone della festa del Lavoro. Ecco il viaggio del Fatto attraverso i 5 chilometri che separano le due piazze: un "pellegrinaggio" attraverso varie gradazioni di colore
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Cinque chilometri in linea d’aria. Poco più a piedi. E’ quanto dista piazza San Pietro da San Giovanni, dal sacro al “profano”, dalla beatificazione di Giovanni Paolo II a quella dei lavoratori. Dal bianco della Chiesa al rosso delle bandiere della Cgil che sventolano per il primo Primo Maggio. Dall’icona di Wojtyla, disseminata ovunque, all’eterno profilo stilizzato del Che. Un milione di pellegrini da una parte, meno della metà dall’altra. L’unica costante è Roma, città aperta. Lo è sempre stata, oggi in particolare, dove riesce a far convivere due mondi in teoria lontani, magari poco dialoganti, certo accomunati dal piacere della musica, dall’età giovane dei protagonisti, dalla voglia di credere in qualcosa. E così noi de Il Fatto Quotidiano li abbiamo percorsi questi chilometri, abbiamo realizzato il nostro pellegrinaggio attraverso le varie gradazioni di “colore”.

Quindi ecco i tanti cittadini polacchi accorsi per salutare, per beatificare il loro Padre, invitare gli altri a una preghiera, a stringere in mano una medaglietta della Madonna. Poi le tante persone su una sedia a rotelle aspettare le ultime fasi della cerimonia, magari accanto agli anziani distrutti dalla nottata, seduti su sgabellli improvvisati e spesso soccorsi da infermieri e volontari. Poco più lontano, sul ponte davanti San Pietro, gruppi di cileni, argentini, spagnoli, francesi, scambiare impressioni sulla beatificazione e magari qualche consiglio su cosa vedere della città eterna. Tutti circondati da italiani che vendono, o meglio piazzano la qualunque: dalle fascette con l’effige di Giovanni Paolo II, ai santini, fino a bevande e panini con la porchetta. Per loro affari d’oro. Anche se chiedergli come va il business è pericoloso quanto bestemmiare in piazza San Pietro. “Aoh, e vattene! Che voi du schiaffi” la reazione più sobria.

Ecco largo Argentina, piazza Venezia, via dei Fori Imperiali. Qui la gradazione di colore inizia realmente a cambiare: dal bianco al giallo-arancione. C’è chi dipinge la Madonna sull’asfalto, chi fa la statua vivente e chi suona la sua musica. I turisti, tanti, passeggiano, si guardano attorno, il sole c’è, e nessuno lo aveva previsto. Finalmente San Giovanni, le prime note rock, i decibel sono decisamente più alti, esattamente come le grida dei presenti. Il bianco non c’è più, a parte il marmo della Basilica che troneggia sulla piazza. I ragazzi anche qui ballano, della beatificazione non sono minimamente interessati, la scansano con un sorriso, come a dire: ma cosa mi chiedi? Meglio parlare di Berlusconi e di Bunga Bunga, meglio anche non riportare le risposte: la maggior parte sono insulti e improperi verso il premier. I gruppi si alternano sull’immenso palco, purtroppo c’è la par condicio e nessuno degli artisti può dire quello che realmente vorrebbe, quasi tutti rispettano il diktat. Anche se il bavaglio è poco rock.




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