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Dall’Aquila in poi è stato di shock permanente

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«Non le è morto proprio nessuno?» Questo si sentiva chiedere una terremotata che, nel’estate del 2009, cercava di avere informazioni su come compilare il “questionario” che venne distribuito dalla Protezione civile. Avrebbe dovuto essere una specie di censimento del fabbisogno abitativo. Poi, di fatto, divenne il metodo per assegnare le C.A.S.E. del Governo, che – nonostante le promesse sbandierate ai quattro venti – erano per pochi.

E’ così, con l’incertezza, la manipolazione mediatica, la mancanza di norme chiare, che si mantiene lo stato di shock permanente dopo che lo shock più grande – quello della scossa distruttrice – ha già sconvolto il territorio e le persone. Ed è questo che si racconta nella quarta puntata di Yes We Camp, il documentario che cerca di recuperare la memoria e di raccontare in maniera diversa dal solito quel che si è verificato nel corso della gestione emergenziale post terremoto all’Aquila.

E’ un processo importante, perché i meccanismi si replicano, in situazioni differenti, in contesti altri (a Manduria, a Lampedusa, con i rom a Roma, in caso di catastrofi naturali). Recuperare la memoria è il primo degli anticorpi per reagire allo stato di shock permanente.





Yes We Camp
, episodio 4

Una produzione iK
Italia, 2010 | HDV | 93′

regia di Alberto Puliafito
prodotto da Fulvio Nebbia

scritto e montato da Alberto Puliafito
assistente di produzione: Marta Musso
montaggio del suono e mix: Davide Favargiotti
colorist: Michele Ricossa
musiche di Fabrizio Panbianchi, Alessandro Zangrossi, Natural Breakdown

Sinossi
Nato da una collaborazione con Repubblica Tv, Yes We Camp prende il nome da una scritta comparsa sul cartellone di un giovane terremotato durante la manifestazione del 16 giugno durante la quale i terremotati chiedevano di rivedere il Disegno Legge che avrebbe approvato il Piano C.A.S.E.
Il film inizia proprio da quella manifestazione in Piazza Montecitorio, prosegue con la fiaccolata del 6 luglio dedicata al ricordo delle vittime, passa attraverso il racconto del G8 e di tutto il mese di agosto 2009 e dei primi giorni del mese di settembre, si chiude nel futuro, all’Aquila, nel 2032. È il punto di vista di un osservatore esterno che cerca di capire e di raccontare le storie delle persone che fanno parte di una Storia in continua evoluzione. È un insieme di affreschi, senza pretesa di avere la verità in tasca. Un racconto che si apre e si chiude con un punto interrogativo.

Dicono di Yes we camp
“Racconta con sguardo freddo di tende smontate senza preavviso e dell’impossibilità di manifestare dissensi. Realtà mostrate con stile cronistico, fluido e incalzante”, Paolo Calcagno, L’Unità
“Gli sfollati aquilani tramite il documentario di Alberto Puliafito hanno trovato voce in quell’America che sempre si è distinta, come terra in cui la libertà d’espressione regna sovrana”, Elisa Calpona, America Oggi
“Una sorta di Gomorra, una prospettiva degli eventi accaduti ma mai sfiorati dalla sovrapposizione pantagruelica di notizie sfornata dai media in quel periodo”, Paola Dalle Molle, Messaggero Veneto
“Un insieme di affreschi, un racconto che si apre e si chiude con un punto interrogativo”, Liberazione

Festival
– Milano Film Festival
– Festival del Documentario d’Abruzzo
– Le Voci dell’inchiesta
– Piemonte Movie gLocal Film Festival

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