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Diffuse il dossier su Ilda Boccassini
Matteo Brigandì a giudizio

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Matteo Brigandì

La Procura di Roma ha ottenuto il giudizio immediato per Matteo Birgandì, il consigliere laico del Csm dichiarato decaduto dalla carica ieri, in relazione all’indagine aperta dopo la pubblicazione sul quotidiano Il Giornale di un articolo sul procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini. Il processo, su decisione del gip Daniela Parasporo, inizierà il prossimo 31 ottobre di fronte alla decima sezione penale collegiale del Tribunale di Roma.

Brigandì è accusato di aver fornito documenti interni al Csm alla giornalista Anna Maria Greco che ha poi redatto un articolo sul procuratore aggiunto di Milano e su un procedimento disciplinare nei suoi confronti risalente agli inizi degli anni ’80. A processo con Brigandì anche il suo collaboratore, Fabio Faccaro: per entrambi il reato ipotizzato dal pm Sergio Colaiocco è quello di abuso d’ufficio.

Ieri, intanto, con una decisione senza precedenti – passata con 19 sì, tre no e due astenuti – il Plenum del Csm ha dichiarato la decadenza di Brigandì. La ragione: non essersi dimesso per tempo da ruolo di amministratore della Fin Group, mentre la legge stabilisce l’incompatibilità tra l’essere componente di un consiglio di amministrazione di una società commerciale e l’incarico di consigliere del Csm.

La votazione è avvenuta a scrutinio segreto dopo che al Csm era stato notificato il ricorso al Tar presentato in prevenzione da Brigandì. A quel punto, Vietti ha proposto di invertire l’ordine del giorno, riprendendo la trattazione del caso Brigandì che stamattina era stata rinviata al 4 maggio.

Brigandì era già finito nella bufera dopo la pubblicazione sul Giornale di atti del Csm relativi ad un procedimento disciplinare a carico del pm di Milano, Ilda Boccassini. Sospettato di avere passato un fascicolo riservato al quotidiano, Brigandì era stato sottoposto a procedimento disciplinare e su di lui aveva aperto un fascicolo la Procura di Roma.

Con la sua uscita dal Csm e sino a quando il Parlamento in seduta comune non nominerà il suo successore, il gruppo dei laici che fanno riferimento alla maggioranza di Governo scende a 4 consiglieri. Si tratta di una soglia che non consente di far mancare il numero legale alle sedute del Plenum del Csm; un’arma di cui i laici di Pdl e Lega non si sono mai avvalsi in questa consiliatura, a differenza di quanto accaduto in quella precedente.

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