Sempre più lontani dalle posizioni “interventiste” della Francia e sempre più convinti della necessità di perseguire la via diplomatica. Silvio Berlusconi oggi con alcuni ministri ha messo a punto la strategia del governo, sottolineando l’importanza di aprire una fase nuova, che si basi sulla mediazione e non sull’attività bellica. Basta tentennamenti e fughe in avanti. Il Cavaliere non vuole assolutamente che si parli di guerra in corso: la sola parola spaventa i cittadini, è la sua preoccupazione. E allora ci si augura che si arrivi al più presto ad un cessate il fuoco per poi aprire un dialogo con Tripoli. Nessuna iniziativa unilaterale, anzi il presidente del Consiglio tra due giorni a Bruxelles spiegherà che è necessario il coinvolgimento di tutti gli organismi internazionali, compresa la Lega Araba e l’Unione africana. La linea resta sempre la stessa, spiegano fonti parlamentari del Pdl: chiedere che il comando passi sotto la Nato, che l’intervento sia portato avanti nel rigoroso rispetto della risoluzione Onu.

Oggi, fanno notare le stesse fonti, è stato lo stesso Obama a rimarcare “il ruolo chiave” che dovrà assumere la Nato e anche la Turchia – sulla scia della Russia – ha sottolineato le esigenze espresse dall’Italia. Per il presidente del Consiglio è fondamentale ribadire che il nostro Paese è sceso al fianco della coalizione dei volenterosi per aiutare il popolo libico e non per cacciare Gheddafi. L’Italia, dunque, mira a ritagliarsi un ruolo importante proprio sul piano diplomatico. Ma per farlo – è il convincimento del Cavaliere – occorre avere una larga convergenza in Parlamento. Per questo motivo la maggioranza si aspetta che il Pd si unisca a Pdl e Lega affinché la risoluzione che sarà presentata in Aula possa essere il “biglietto” da visita in sede Unione europea. E’ necessario – ha ripetuto il premier nei suoi incontri – parlare con una voce unica e avere una posizione unitaria. Restano sul campo i timori per l’incertezza della situazione e soprattutto per i problemi di cui l’Italia dovra’ farsi carico. A partire dalla questione dell’immigrazione che il premier porra’ a Bruxelles. A riferire al Senato sarà domani il ministro degli Esteri Franco Frattini. La maggioranza presenterà una mozione unitaria avendo – spiegano le stesse fonti – recepito i punti della Lega.

Da giorni Silvio Berlusconi esprime il suo disagio per le operazioni belliche lanciate a seguito della risoluzione dell’Onu sulla Libia. Risultato: non è detto che le bombe riescano a rimuovere Muammar Gheddafi. E in caso di stallo la comunità internazionale sarà costretta a sedersi al tavolo con il Colonnello. Un rischio che per Berlusconi è concreto, anzi elevato. Ecco perchè si deve iniziare a pensare subito al dopo. E proprio di questo, scommettono dal suo entourage, il presidente del Consiglio intende parlare al Consiglio europeo di Bruxelles. Certo, l’Italia si muoverà lungo diverse direttrici. Come promesso alla Lega, spingerà affinché il peso della grave situazione migratoria e umanitaria sia ripartito sulle spalle di tutti i partner europei e non unicamente sulla Penisola. In secondo luogo, tenterà di isolare la Francia, premendo affinchè il comando sia trasferito il più presto possibile sotto la Nato. La notizia che Parigi si è detta d’accordo su un ruolo “chiave” dell’Alleanza è stata accolta come una vittoria a palazzo Chigi.

Berlusconi pensa di porre il comando sotto l’ombrello Nato sia l’unico modo per imbrigliare lo scalpitante Nicolas Sarkozy. Nell’Alleanza, infatti, vige la regola del “consenso”: ogni decisione, anche quelle militari, devono essere condivise da tutti. E, come insegna il Kosovo, ogni paese ha diritto di veto anche sulla lista dei target bellici. Ma è soprattutto l’asso della diplomazia che Berlusconi intende calare sul tavolo di Bruxelles. L’intenzione è quella di insistere sulla necessità che si inizi a ragionare su un percorso diplomatico, da studiare subito, per non essere impreparati quando le operazioni militari cesseranno. E in questo contesto, a giudizio di Berlusconi, non si può escludere che fra gli interlocutori vi possa essere, oltre ai ribelli, anche Gheddafi.

Ecco perché nella mediazione, a detta del premier, non possono certamente essere esclusi la Lega Araba e l’Unione africana (rimasta fuori, invece, dal vertice parigino). Insomma, Berlusconi vuole che insieme alle armi si dia una possibilità anche alla diplomazia. Una posizione simile a quella della Lega che, come ha spiegato il capogruppo Reguzzoni, spinge per una mediazione. E c’è chi non esclude che anche nella risoluzione parlamentare vi possa essere un passaggio proprio sulla necessità di imboccare quanto prima la via diplomatica. Un modo non solo per ottenere il sostegno del Carroccio, ma anche delle opposizioni.

Insomma, Berlusconi appare sempre più in una posizione di cautela. Non può rinnegare l’impegno italiano, anche per non porsi in linea di collisione con il Quirinale, ma non nasconde di sentirsi più in sintonia con Umberto Bossi che con alcuni ministri. E l’interpretazione data dall’entourage di Berlusconi a quel suo dirsi “addolorato” per Gheddafi aiuta a capire il perché: dopo il passato coloniale abbiamo faticato per arrivare ad un trattato di amicizia; e se ora bombardassimo sarebbe come ‘voltare le spallè a quel popolo. Non è detto però che i caccia italiani si astengano del tutto. In ambienti della Difesa infatti, si fa notare come i Tornado italiani tecnicamente non siano più sotto controllo italiano, essendo a “disposizione” della coalizione. Inoltre, se non possono sganciare i propri missili, le loro missioni sono perfettamente inutili. Infine, i caccia italiani sono gli unici, insieme a quelli americani e tedeschi (che però non partecipano), ad essere dotati di un sistema in grado di tracciare i radar e colpirli con precisione chirurgica. Spiegazioni che avrebbero (ma il condizionale è d’obbligo) portato il premier ad una posizione meno rigida al riguardo. (Fonte Agi, Ansa)

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