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La trappola del federalismo

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Molti commentatori concordano nell’affidare all’approvazione del federalismo fiscale, tenacemente voluta dalla Lega, le sorti del Governo. O almeno, la continuità del comportamento da cieco sodale di Bossi nei confronti di Berlusconi. Così, i “grandi tattici” che guidano truppe smarrite in Parlamento si esercitano ad arzigogolare sugli articoli di una legge infame che nei fatti trasformerà a tal punto la Costituzione di democrazia sociale, con la quale si sono messe le fondamenta dell’Italia del lavoro e dei diritti, da acuire irreparabilmente i conflitti sociali e da rompere irreversibilmente l’unità nazionale.

Questo quanto accade, mentre il centrosinistra naviga a vista e ogni giorno punta sul naufragio della destra anziché sull’indicazione e sul sostegno di una rotta desiderabile e alternativa. In effetti, la problematica del federalismo la si rende ora parte del gioco di ricatti e scambi per mantenere o meno il governo con Berlusconi o senza di lui. Eppure non è impossibile scoprire che col federalismo fiscale possono aumentare le tasse, le tariffe, i prezzi. E aggiungerei la corruzione affaristico-federalistica degli enti locali e regionali (vedi la Lombardia di Lega e Formigoni), che avranno a disposizione più risorse per incrementare l’illegalità locale priva di controlli.

Come fa Chiamparino a dirsi soddisfatto di ritocchi irrilevanti rispetto all’introduzione del principio di “sussidiarietà orizzontale” che è il perno del complesso di leggi che stanno a cuore a Calderoli e per cui l’intervento dello stato “ha luogo soltanto quando manchi o sia insufficiente l’iniziativa privata”? Verso dove stiamo correndo, dopo che col federalismo demaniale si allunga sempre più la lista dei beni dello Stato che Comuni, Provincie e Regioni possono chiedere e ottenere a titolo gratuito con il vincolo e l’obbligo di metterli in vendita ai privati per monetizzare?

Tutto il centrosinistra e i commentatori, che scrivono a volte sottovalutando la posta in gioco, devono valutare le conseguenze che questa ulteriore privatizzazione può provocare sulle condizioni di vita e di sicurezza di tutti (servizi più costosi e meno efficaci rispetto agli obbiettivi di salute, istruzione, trasporto). In questo modo si privatizza lo “stato sociale” e se ne rivoluzionano le norme che appartengono ai principi fondamentali e alla prima parte della Costituzione e che, ipocritamente, tutti dicono di non voler toccare.

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