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Quando fare musica è eversione

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Mi apprestavo a scrivere un articolo sulla band di oggi, quando un’agenzia ha battuto la notizia che in Afghanistan un ordigno è esploso davanti a un negozio di cd musicali e dvd a Jalalabad, capoluogo della provincia orientale di Nangahar, causando la morte di un bambino e il ferimento di varie altre persone.
La bomba è stata collocata da sconosciuti e per il momento non vi è stata alcuna rivendicazione.
E’ risaputo però che questo tipo di attentati siano realizzati dall’ala più radicale dei talebani, contrari all’influenza negativa che possono avere sulla popolazione i prodotti di musica o di cinema provenienti dall’occidente.

La forza della musica è quella di parlare e far parlare al di là delle barriere linguistiche. La Musica ancora una volta è considerata strumento pericoloso e di rivolta.
Ne sanno qualcosa i Kiosk, formazione musicale iraniana fondata nel 2003 da Arash Sobhani a Teheran e considerata la rock band principale dall’epoca post rivoluzionaria.
Il loro “Ordinary Man“, è considerato il primo album underground iraniano lanciato in Occidente e dalla critica mondiale è stato accolto molto positivamente, tanto che i Kiosk oggi sono considerati i pionieri del movimento underground della musica rock in Iran. Attualmente i membri della band sono Arash Sobhani, cantante e autore delle canzoni, Ali Kamali, bassista, Ardalan Payvar, tastierista, Shahrouz Molae, batterista e Tara Kamangar, violinista. Il nome della banda, Chiosco, viene dalla formazione originale del gruppo quando era alla ricerca di un posto dove poter suonare la loro musica con il timore di essere arrestati dal regime islamico in Iran. “Qualsiasi piccola parte di Teheran potrebbe essere il nostro chiosco per riunirsi” hanno dichiarato. Intanto il chiosco continua a evolversi e a sperimentare usando la musica e le canzoni per esprimersi e per arrivare al grande pubblico. La caratteristica dei Kiosk è il loro modo unico ed innovatore di esprimere quelli che sono i problemi culturali e sociali in un’unica miscela, del paese e della musica persiana, una combinazione che crea qualcosa di originale ed eccezionale.

Incensati per i loro testi duri contro il sistema, taglienti e intelligenti, riescono a mettere in risalto i paradossi della società iraniana e il sistema politico incompetente che la governa.
In patria però i Kiosk hanno il divieto di esibirsi e di incidere dischi: la loro musica, è considerata dalle autorità culturali islamiche, “materiale artistico inappropriato”.
Questo ha costretto i membri della formazione ad espatriare in Nordamerica dove hanno avuto la possibilità di esibirsi in concerti negli States, in Europa e Australia e di registrare ben quattro album in studio, l’ultimo Triple Distilled: Live At Yoshi’s è uscito nell’ottobre 2010.

Ai Kiosk va tutto il mio sostegno e l’augurio di poter continuare ad esercitare la loro attività eversiva anche in patria. Cliccate qui per recarvi sul loro sito ufficiale.
La speranza che possano esser esempio per tanti è molta. Vive le Rock!

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