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A Buenos Aires rabbia e voglia di cambiare

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Con una cerimonia solenne vengono ordinati giovani sacerdoti in una chiesa di San Telmo. Poco più in là un gruppo composito (bambini, anziani signori, ragazzi) si lascia andare a un rumorosissimo concerto per strada, con balli e tamburi, annaffiati di birra. In un centro sociale, in un angolo dello stesso quartiere, la proiezione di un video collega le occupazioni di terreni, all’ordine del giorno nella capitale, alle battaglie degli americani che vivono sugli alberi per salvarli.

Protestare, reagire, farsi sentire: Buenos Aires significa musica a ogni angolo di strada, caffè sempre pieni di gente, orde di folla riversate per le strade del centro più commerciale e per i mercatini domenicali. Ma soprattutto, manifestazioni. In quattro giorni ci sono state: occupazioni di terreni in una periferia della città con repressione da parte delle forze dell’ordine, e tanto di polemica politica per la proibizione da parte del governo di usare armi da fuoco contro gli occupanti; l’incendio della porta del governo a Plaza de Mayo da parte di militanti di estrema sinistra, in occasione dell’anniversario della crisi sociale del 2001; problemi all’aereoporto internazionale con lunghe file e voli cancellati, a causa di proteste sindacali.

Anche Diego Armando Maradona ha voluto regalare una fine d’anno di protesta ai suoi tifosi: in un’intervista al Clarín ha sparato contro tutto e contro tutti, dal presidente dell’Afa, Grondona, al manager della Nazionale Bilardo (che l’ha “esonerato”). Mentre la Presidenta Cristina Kirchner critica la giustizia per la mancanza di sicurezza e Duhalde lancia la sua candidatura, un posticino lo occupa anche Silvio Berlusconi: alla fiducia italiana – conquistata per soli tre voti – gli editorialisti hanno regalato commenti decisamente critici (oggi il Clarín parla di “governabilità precaria”).

In una capitale che cambia moltissimo a seconda dei quartieri – si va dalla Recoleta, zona residenziale dei ricchi, dove sembra di stare a New York, al Boca, quartiere operaio, dominato dallo stadio, sia architettonicamente che simbolicamente, a San Telmo, che si porta dietro la storia argentina più recente – anche all’occhio superficiale del turista sono tangibili le crisi economiche e sociali degli ultimi anni. Accade persino che banconote ritirate a un insospettabile bancomat dell’aereoporto si rivelino false. La rabbia sociale, però, mostra il suo volto di vitalità. La povertà si mescola con l’orgoglio. Con la voglia di andare avanti.

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