Quale è la colpa di Saviano? Perché tante critiche tutte insieme? Non è forse lecito esprimere le proprie opinioni? Dove ha sbagliato? Perché oggi qualcuno cerca di descriverlo come un nemico della immagine del Paese o, peggio, un racconta frottole?

Saviano si è limitato ad esprimere la sua posizione, che per definizione è certamente discutibile e criticabile, in quanto personale, ma anche autorevole. A mio avviso, però, alle sue affermazioni si è risposto attaccandolo su un piano diverso e non, invece, rispondendogli sullo stesso registro.

Cosa è cambiato?

È un dato di fatto che Saviano dopo aver parlato di mafia per anni, sta cominciando a interessarsi ed a parlare sempre più di mafia e politica. L’intreccio tra la “mafia-manovalanza” (braccio esecutivo) e gli altri apparati collegati al sistema criminale (secondo la prospettiva proposta da alcuni collaboratori di giustizia) è quindi stato portato al centro dell’attenzione mediatica, anche se solo come ipotesi.

Orbene, se delle disavventure giudiziarie e delle imprese criminali della “manovalanza” si parla ormai liberamente, per quanto concerne le possibili implicazioni a più alto livello vi sono ancora molte resistenze e reazioni.

A questo punto è doveroso però domandarsi se gli altri “apparati” – che farebbero parte di un più vasto sistema criminale – esistano o meno.

Sul punto, mi ha molto colpito in passato la ricostruzione operata da un collaboratore di giustizia che ha descritto il “sistema criminale” come un corpo umano, in cui la criminalità organizzata è solo il braccio, mentre la testa, i nervi, gli occhi e quant’altro sono rappresentati da ben altri centri di potere (massoneria deviata, politica, servizi segreti infedeli, alta finanza, ecc.).

È possibile che la mafia finisca davvero con i vari Riina, Provenzano, Brusca, ecc.?

È realistico che un sistema cosi’ complesso e difficile da gestire (che ha dimostrato di disporre di conoscenze giuridiche e finanziarie di livello eccezionale) non abbia ben più illustri referenti?

Davvero si puo’ credere che la mafia sia fatta (e soprattutto gestita) da uomini con la licenza elementare e la pistola fumante?

Personalmente non ci credo.

Sono anche convinto che molti di coloro che sono stati considerati come protagonisti della lotta alla mafia – senza mai subire le usuali delegittimazioni riservate ai veri nemici del crimine – in realtà semplicemente non sono stati contrastati (troppo) dal “sistema”, proprio perché si limitavano ad attaccare solo il livello più basso della criminalità.

Chi invece ha cercato di andare oltre è stato abbattuto, con le armi o con la delegittimazione.

Infatti, quello che è pericoloso per il sistema criminale (a voler accedere alla ipotesi, che personalmente mi convince, che ne esista uno), è proprio lo scavare oltre: gli interessi internazionali, le connivenze politiche, quelle degli alti funzionari dello Stato, il rapporto tra lo Stato e l’anti-Stato, le contiguità massoniche.

A questo punto, credo sia lecito chiedersi anche se arrestare qualche killer (ben venga, ovviamente!) possa far comodo ad un eventuale “sistema”, al fine di salvare il vero centro criminale, da tenere il più possibile occulto.

Perché escludere questa ipotesi a priori?

In questa prospettiva diventa addirittura necessario arrestare i mafiosi, esibirli in TV, giudicarli, punirli, metterli in mostra come un successo.

Del resto questo effetto era ormai inevitabile dopo il maxi-processo di Falcone (che ha pagato con la propria vita per questo), prima del quale la strategia mafiosa era quella di negare addirittura l’esistenza stessa del sodalizio criminale. Oggi, grazie a quel valoroso Giudice questo non è più possibile

Ma, in questa logica, gli stessi risultati della lotta alla mafia (arresto di pericolosi latitanti) avrebbero una valenza molto limitata rispetto ad una prospettiva più estesa di lotta al sistema criminale nel suo complesso.

Come dicevo, a mio avviso è questo il livello di ricerca della verità che ha bruciato carriere e distrutto persone.

E allora è giusto domandarsi se sia il parlare di queste implicazioni che trasforma un eroe in nemico, in base a sistemi di delegittimazione che troppo spesso abbiamo visto in azione negli ultimi anni.

È toccato a molti: Falcone, Borsellino, Caselli, De Magistris, Genchi, tanto per citarne alcuni.

Ora toccherà anche a Saviano, che da eroe della anti-mafia diventerà nel giro di poco tempo il solito nemico dello Stato, che rovina l’immagine dell’Italia, che racconta frottole, che si arricchisce con i suoi libri, che soffre di manie di protagonismo e tutta la serie di insulti cui siamo abituati?
Vedremo.

Ci tengo a precisare che non sto prendendo una posizione netta su quanto detto da Saviano, che peraltro stimo molto, anche perché non ho avuto il tempo di documentarmi a sufficienza (hanno fatto altrettanto i severi critici comparsi all’improvviso?), ma sul tipo di dinamiche che stanno caratterizzando il dibattito, che mi sembrano francamente uscire dalla dialettica fisiologica della contrapposizione del pensiero.

Una cosa pero’ mi preme sottolineare: tutti questi segni potrebbero essere i sintomi del fatto che una altra soglia sta (forse) per essere superata.

Prima si negava l’esistenza stessa della criminalità organizzata. Sino ad oggi si è negata l’esistenza di una “criminalità di sistema”. Oggi, forse, siamo arrivati al momento in cui questa struttura “di sistema” (che sembra essere confermata da diverse inchieste) non potrà più essere negata.

E allora ben venga che qualcuno ne parli, palesando le proprie convinzioni in materia. Personalmente lo ascolterò con grande interesse, anche perché credo che ognuno abbia il diritto di esprimersi sul tema, soprattutto se vive scortato da anni e se a questa ricerca di verità sta dedicando gli anni più belli della sua vita.

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