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Il ministero della paura

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Sbaglierò, ma sono legato a una concezione sobria e austera della funzione del ministero dell’Interno. Chi sta al Viminale dovrebbe garantire la sicurezza dei cittadini. Non partecipare a manifestazioni di partito di stampo secessionista, né creare allarme sui giornali e in tv.

In quest’ultima specialità sembra concentrato il ministro Maroni. Mi riferisco ad esempio alla criminalizzazione degli immigrati irregolari contro l’evidenza dei dati ufficiali sulla criminalità diffusa, da diversi anni tutti in ribasso.

Più recentemente, inadeguati al ruolo sono apparsi i suoi commenti a caldo dopo il (presunto) tentato agguato al direttore del quotidiano Libero. “Prevedo altri attentati”, dichiarò il ministro, convinto dal primo momento della matrice politica del vile gesto e premurandosi a render noto il rischio di una nuova stagione di terrorismo. A proposito, si sa nulla delle indagini?

In questi giorni, anziché lavorare sodo sulla prevenzione, l’ex extraparlamentare di sinistra, da poco coinvolto in un’indagine su una ben retribuita “consulenza” fornita a un’azienda (ma perché, dico io, non ci si accontenta del più che dignitoso stipendio di parlamentare?), ci ha messo in allarme sulla manifestazione della Fiom. “Prevedo disordine per l’infiltrazione di gruppi stranieri”, ha dichiarato.

Non è il suo ruolo: alla vigilia di una grande manifestazione (proprio come alla vigilia di una importante partita di calcio che si annuncia problematica) il ministro dell’Interno deve stare in sala macchine, riunito con i tutori dell’ordine pubblico e i capi dell’intelligence, al fine di prevenire qualsiasi disordine e sorvegliare al meglio la piazza. Possibile che un uomo intelligente in tanti anni di politica non l’abbia ancora capito? Oppure lo fa di proposito, perché ritiene che criminalizzare preventivamente il dissenso sia un gioco che torna sempre utile?

Sono le dieci di sabato mattina mentre scrivo. Mi auguro davvero che la manifestazione della Fiom oggi a Roma si svolga in modo pacifico e sereno.

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