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L’irresistibile ascesa delle vacche sacre

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Dice il saggio (in calabrese): “A piacura ppe’ ricchizza, ‘a vacca ppe’ randizza”. Ovvero, volgarizzando: Il possesso della pecora dà ricchezza, quello della vacca autorità.

In provincia di Cosenza e dintorni il fenomeno è ben noto. Altro che India. Migliaia di mucche vivono allo stato brado circolando tra campagne e periferie, strade e terreni agricoli. I mafiosi locali fanno come gli pare: se servono animali da macellare li ripigliano e li squartano in luoghi adatti, sennò li lasciano andare in giro a dimostrare tutto il potere di cui gode la famiglia in quella zona.

Per le forze dell’ordine il problema della cattura è serio: le bestie sono semi selvatiche, pesano molto e si muovono in branco su terreni scoscesi. Una volta perfino un treno è deragliato trovandosi una vacca sui binari, non si contano più gli incidenti stradali (anche mortali) causati dal vagabondare delle vacche, mentre per i danni all’agricoltura tutti allargano serenamente le braccia: purtroppo in Calabria funziona così.

In effetti è da qualche decennio che le mucche continuano a girare indisturbate come simbolo poco metafisico del controllo sul territorio da parte delle ‘ndrine. Bestie inviolabili anche quando ridotte in cattività: resta negli annali la cattura nel 1992 di 45 capi cui i Carabinieri dovettero dedicarsi personalmente – e a lungo – dato che nessun allevatore, commerciante o imprenditore fu così coraggioso da curare e/o acquistare i capi. Di più: nessuno se li pigliò nemmeno gratis.

Il resoconto della seduta in cui la Commissione Antimafia presieduta da Violante esplorava il fenomeno merita di essere letta in dettaglio ma chi vuole subito le novità salti pure al prossimo paragrafo.

E’ appena uscita sul Bollettino Ufficiale della Regione Calabria una nuova norma voluta dal governatore Scopelliti: d’ora in poi è permesso abbattere gli animali vaganti, ma solo per i casi di ‘pericolo concreto per l’incolumità della popolazione e la circolazione stradale’. Gli esperti in materia hanno già segnalato da tempo che, se non si può anche bruciare subito la carcassa, il permesso di uccidere è perfettamente inutile. E gli animalisti lamentano un trattamento incivile per le bestie, il cui destino naturale non è comunque migliore: finire nei macelli illegali o sotto un tir ha davvero poco a che vedere coi diritti degli animali.

Di certo le cose serie da fare sono altre: applicare l’obbligo di anagrafe bovina, presidiare il territorio, e magari impegnarsi per tagliare le radici finanziarie di un cancro che si nutre della ricchezza dove c’è davvero, cioè al Nord e nella malavita internazionale.

Anche perché, mentre i politici decidono come muoversi tra audizioni parlamentari e bollettini, le vacche intoccabili stanno risalendo la penisola. Il Comitato Parchi, associazione indipendente che tenta di tenere sotto controllo soprattutto le aree naturali del centro Italia, denuncia che anche il Parco Nazionale d’Abruzzo è percorso dal fenomeno delle vacche sacre, in accoppiata con la presenza sempre più selvaggia di cantieri, cave e aggressioni di ogni genere alla natura. I ruminanti hanno un gran futuro nel nostro Paese.

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