“Italy’s fading bella figura”. La proverbiale “bella figura”, a cui tengono molto gli italiani, è in pericolo, in particolare in campo economico. Lo scrive oggi il Financial Times (Ft) nella “Lex Column” quotidiana, una sezione dedicata ai commenti sulle principali notizie economiche e finanziarie. “Che il modello economico italiano sopravviva a un sistema politico disastroso è una delle glorie dell’Europa”, si legge. “Nonostante si succedano al potere governi inefficienti, le imprese navigano con successo in mezzo a un debito pubblico enorme, all’erosione dei propri vantaggi competitivi e a una concorrenza sull’export sempre più spietata”. L’Italia riesce a rimanere miracolosamente nel gruppo dei sette paesi più industrializzati del mondo. Peccato che i miracoli, in economia, abbiano vita breve. “Il successo del modello italiano è in larga parte un’illusione”, spiega il quotidiano della City londinese. “Negli ultimi dieci anni il prodotto interno lordo è cresciuto di 10 punti percentuali in meno rispetto alla media della zona euro”. A dirlo sono i dati di una ricerca pubblicata da Capital Economics, una delle maggiori società di consulenza sulle politiche macroeconomiche dei governi, con sede a Londra.

“Tra poco arriverà un nuovo autunno caldo”, continua Ft. “Come vuole la tradizione nazionale, la coalizione del primo ministro Silvio Berlusconi si sta autodistruggendo. Molti sperano che sia proprio lui a rimetterci. Ma i potenziali vincitori hanno poco da offrire”. Il Financial Times cita ancora una volta Giulio Tremonti e Gianfranco Fini come eventuali candidati, ma spiega che nessuno dei pretendenti alla successione parla mai di riforme strutturali del mercato del lavoro, dell’educazione o della pubblica amministrazione, di cui l’Italia ha urgentemente bisogno. In ballo ci sarebbe solo la conquista del potere, con conseguenze nefaste per l’economia del paese: “la lotta intestina all’interno della destra italiana potrà portare solo a un’ulteriore stagnazione”, commenta l’editorialista del Financial Times.

La preoccupazione per il destino dell’Italia è sempre più sentita dagli investitori. Non tanto per un livello di debito pubblico che supera ormai il 120% del Pil. Il debito, per il giornale inglese, non sarebbe un grosso problema, perché “le famiglie e le imprese italiane hanno mantenuto un livello di indebitamento molto basso”. Il vero punto debole è l’economia reale, con un livello di competitività per costo dell’unità del lavoro che, rispetto alla Germania, è sceso del 26% dal 1999, e la produttività a che è calata del 6%, mentre la zona euro è cresciuta mediamente del 7%.

Nelle tasche di chi investe in borsa il declino italiano si è sentito in modo chiaro. Dal 1999 al 2009 le azioni di Piazza Affari hanno reso in media undici punti in meno rispetto all’FTSE Eurofirst 300, un indice che misura l’andamento in borsa delle 300 maggiori società europee. “Confindustria mette in guardia dal pericolo che il destino dell’Italia, senza riforme, sia un lento e lungo declino. Un processo che potrebbe essere già cominciato”, chiude Ft. “L’Italia ha bisogno di una rivoluzione a livello politico, non di superare una crisi politica. Solo così potrà recuperare la magia della crescita economica”.

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