Rieccomi. Mantengo l’impegno preso una settimana fa coi lettori nel mio ultimo Contrappunto sul Domenicale del Sole, e comincio subito la mia “quiescenza operosa”. In una nuova casa. Dalle parole ai fatti, anzi al Fatto. Gli allievi dei Conservatori di musica imparano insieme l’arte del Contrappunto e quella della Fuga.

Io che non suono ma scrivo, lasciato il Contrappunto mi do alla Fuga su questa nave corsara che mi ha offerto generosamente un passaggio: una scialuppa della libertà dove tutte le opinioni hanno diritto di cittadinanza, senza che nessuno ti prenda a cazzotti o ti butti a mare perché non la pensi come lui, o lei, o anche solo perché non sei iscritto a cricche o logge o confraternite, non militi e non hai mai militato in ellecì o in cielle (due lobby opposte, ma spesso alleate), nel pidì o nel pidielle. Non sei un ex né un post, ma soltanto un liberale, un cane sciolto che rifiuta le museruole. Avevo promesso di continuare a stonare, e lo farò anche qui.

Un lettore mi ha scritto che nel deserto del giornalismo di oggi le isole di cultura, “pur occupando un territorio sempre più limitato, possono essere soltanto lambite, talora con inusitata violenza, ma mai invase del tutto dal mare della volgarità e della indifferenza”. Un altro, più pessimista, mi ha riproposto la pagina conclusiva della Storia d’Italia di Montanelli: “La cultura italiana è nata nel Palazzo e alla mensa del Principe, laico o ecclesiastico che fosse, e non poteva essere altrimenti, visto che il Principe era, in un Paese di analfabeti e quindi senza un pubblico mercato, il suo unico committente”.

Mentre la Riforma aveva sgominato l’analfabetismo facendo obbligo ai suoi fedeli di leggere e d’interpretare i testi sacri senza la mediazione del Pastore autorizzato a dare solo qualche consiglio; la Controriforma, che faceva del prete l’unico autorizzato interprete delle Scritture, dell’analfabetismo era stata la fabbrica, che lasciava l’intellettuale alla mercé (in tutti i sensi) del suo patrono o protettore.

Il quale naturalmente se ne faceva ripagare non solo con la piaggeria, ma anche con la difesa del sistema su cui si fondavano i suoi privilegi”. Verissimo, sacrosanto. Resta però il fatto che nel pantano nauseabondo dell’era berlusconiana, la cultura è la sola risorsa cui possiamo attingere per ritrovare un po’ di fiducia e di stima in noi stessi. Con tutto il rispetto per Indro, nutro ancora speranze. Non so voi.

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