Expo, raddoppia l’inchiesta sull’appalto da 272 milioni

La Procura generale intenzionata a chiedere una proroga sulla gara della Piastra

29 Novembre 2016

Inchiesta Expo e maxi-appalto della Piastra, 272 milioni di gara vinta da Mantovani spa con un ribasso monstre del 41%. Diversi i protagonisti e, in fondo, una sola domanda: in che modo Mantovani si aggiudicò la gara? Una risposta cui la Procura ha rinunciato con una richiesta di archiviazione, respinta dal gip. Risultato: il fascicolo è stato avocato dalla Procura generale. L’indagine così prosegue per corruzione e turbativa d’asta. E lo fa dentro a uno tsunami di carte.

Troppa, infatti, la documentazione (per lo più tecnica) per poter sbrigare la faccenda in 30 giorni, tempo concesso dal gip Andrea Ghinetti l’11 novembre scorso. Per questo al terzo piano del tribunale, negli uffici della Procura generale, ecco qual è il ragionamento: il tempo è troppo poco, per questo si chiederà una proroga d’indagine di sei mesi. Insomma, l’ultima e più oscura inchiesta su Expo non si ferma, ma raddoppia. A oggi sono indagati i due ex manager di Expo, Angelo Paris e Antonio Acerbo, l’ex responsabile di Mantovani Piergiorgio Baita, Erasmo e Ottaviano Cinque della Socostramo srl, imprenditori, questi, già vicini all’ex ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli. L’attuale titolare del fascicolo è il sostituto procuratore generale Felice Isnardi. Uno dei punti cruciali è rappresentato dalla commissione gara che alla fine diede il via libera all’offerta di Mantovani. Nella richiesta di archiviazione si spiega che la commissione di gara era “caratterizzata da membri interni tutti subordinati al presidente Paris delle cui competenze tecniche non si riscontra l’accertamento”. Senza contare “gli oltre 20 giorni tra la chiusura delle analisi delle offerte qualitative e l’apertura delle buste economiche”. La squadretta di quella commissione fu messa insieme a Roma e non a Milano. E ciò, all’epoca, costituì un inciampo ai progetti dell’allora dominus di Infrastrutture lombarde Antonio Rognoni che, come mostreranno le intercettazioni, puntava su Impregilo. Questo aspetto, in particolare i 20 giorni passati tra le analisi qualitative e le buste economiche, si lega, e Isnardi ne pare consapevole, all’episodio del “pizzino” recapitato a Rognoni da un emissario di Mantovani che lo stesso ex dg di Ilspa ricorderà essere Ottaviano Cinque.

C’era scritto: “Sappiamo che siamo andati bene nella parte qualitativa”. In quel momento Rognoni comprende che dentro la Commissione qualcuno ha parlato. Le intercettazioni chiariscono. Due indagati nell’indagine su Infrastrutture parlano dell’episodio. Annota la Gdf: “Dice che le notizie sono uscite e lui (Rognoni) è convinto che sia stato Acerbo (…) gliel’ha detto Paris”. Certo resta un’ipotesi, ma è evidente che Angelo Paris, per il ruolo di vertice che ricopriva, non poteva non sapere. Questo lascia immune da colpe l’ex ad di Expo spa e attuale sindaco di Milano Giuseppe Sala? A oggi la risposta è certamente positiva. Sala non è mai stato indagato né mai sentito come testimone. Ipotesi che ora, con la possibilità di prolungare l’indagine, non pare affatto esclusa.

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