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Caso Regeni, ritrovato l’avvocato egiziano della famiglia. È accusato di danneggiare la sicurezza nazionale

Metwally ha affrontato un interrogatorio, le accuse sono di danneggiare la sicurezza egiziana tramite la comunicazione con soggetti stranieri e di gestire un'organizzazione formata illegalmente contro la legge e la costituzione
Caso Regeni, ritrovato l’avvocato egiziano della famiglia. È accusato di danneggiare la sicurezza nazionale
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Dopo due giorni di ricerche Ibrahim Metwally, l’avvocato per i diritti umani che collabora con l’organizzazione che rappresenta la famiglia Regeni al Cairo, è stato ritrovato. Al momento è detenuto in un edificio dietro il tribunale del 5th Settlement nella periferia est del Cairo.

Martedì pomeriggio Metwally ha affrontato un interrogatorio, le accuse sono di danneggiare la sicurezza di Stato tramite la comunicazione con soggetti stranieri e di gestire un’organizzazione formata illegalmente contro la legge e la costituzione egiziana. Lo hanno riferito a ilfattoquotidiano.it i suoi colleghi dell’Egyptian Commission For Rights and Freedom, l’organizzazione che assiste i parenti di Regeni in Egitto.

“Non abbiamo parole, non possiamo fare altro che prendere atto di queste accuse false e chiedere immediatamente la sua liberazione”, afferma Mohammed Lotfy, direttore dell’ECRF. Metwally era stato prelevato due giorni fa dall’aeroporto del Cairo mentre si recava a Ginevra per partecipare a un incontro sui diritti umani alle Nazioni Unite. “Non sappiamo dove sarà detenuto dopo questo interrogatorio, ma cerchiamo di seguire attentamente l’evoluzione del suo caso”, dice Doaa Mostafa Derwa un altro legale dell’ECRF.

L’organizzazione è sotto il mirino delle autorità egiziane da diversi giorni. Lunedì scorso il loro sito internet era stato oscurato mentre già lo scorso anno il loro presidente, Ahmed Abdallah, era stato detenuto per 4 mesi e mezzo con l’accusa di terrorismo.

La questione di Metwally è stata affrontata anche dal presidente del Consiglio Paolo Gentiloni nella sua relazione al Copasir, la Commissione parlamentare per la sicurezza. Ma nonostante il momento critico vissuto dai rappresentati della famiglia Regeni al Cairo e le dichiarazioni di alcuni esponenti del governo egiziano, il premier italiano resta convinto che “l’invio dell’ambasciatore Gianpaolo Cantini non è una resa ma un modo per riallacciare contatti che possano tornare utili a ristabilire cosa è successo al Cairo il 25 gennaio dell’anno scorso”.

Per quanto riguarda le informazioni passate dai servizi segreti americani all’Italia che secondo il New York Times attestavano il coinvolgimento dei servizi egiziani nell’omicidio Regeni, Gentiloni ha affermato che non aggiungevano nulla agli elementi già in possesso dell’autorità giudiziaria e dei servizi italiani e per questo non sono state comunicate. La posizione del governo sull’invio di Cantini, atteso al Cairo giovedì, è avvallata anche da una parte dell’opposizione. “Gli interessi economici non possono impedire l’accertamento della verità: questa è una consapevolezza che il Governo ha mostrato di avere oggi”, ha detto il presidente del Copasir, il leghista Giacomo Stucchi.

Sempre giovedì il ministro degli Esteri Angelino Alfano incontrerà il suo omologo egiziano Sameh Shoukry a Londra, a margine di una riunione ministeriale sulla Libia. La Farnesina ha confermato che il ministro Alfano discuterà la posizione di Metwally con la giustizia egiziana. Intanto, questa mattina il presidente del Senato Pietro Grasso ha incontrato l’ambasciatore Gianpaolo Cantini. “La richiesta di fare piena luce sui fatti che hanno portato alla morte del ricercatore italiano” – ha affermato Grasso – non arriva solo dai suoi familiari, dai colleghi e dagli amici. È una esigenza profondamente avvertita nel nostro Paese, tra i cittadini e nelle Istituzioni, che ho condiviso incontrando i genitori di Giulio il 16 marzo dello scorso anno e che ho ribadito oggi all’Ambasciatore Cantini, nella piena consapevolezza della delicatezza del compito che gli è stato assegnato”.

 

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