“Chi immagina il centrosinistra senza il Pd vince il premio Nobel della fantasia, ma non raggiunge alcun risultato concreto”. Matteo Renzi si sfoga nel corso dell’intervento all’assemblea dei circoli del Partito Democratico. Lo fa puntando il dito contro chi dentro – e accanto – al partito nella settimana dopo i ballottaggi ha rimesso in discussione la sua leadership o sta cercando sponde e alleanze per costruire un’alleanza tra i fuoriusciti dai dem. E che nello stesso momento sono riuniti a Roma, a piazza Santi Apostoli. Buona parte del discorso del segretario è dedicato – senza mai nominarli – a quelli delle “polemicuzze”, le chiama così. Ai vari Franceschini, Bersani, D’Alema, Pisapia.

È un attacco contro il Pd. Ma così attaccano l’unica diga che c’è in Italia contro i populisti – attacca il segretario – Fuori dal Pd non c’è la rivoluzione socialista, marxista, leninista, ma M5s o la Lega. Fuori non c’è la sinistra di lotta e di governo ma la sconfitta della sinistra”. La prima parte del suo intervento nel secondo giorno dell’assemblea a Milano è tutto incentrato sulla difesa dal fronte interno. Tira dritto, Renzi: “Noi siamo molto, molto in difficoltà perché adesso c’è un mondo là fuori che ha raccontato tutta un’altra storia e si aspetta che io parli di coalizioni, di legge elettorale, di emendamenti, e noi siamo qua a parlare di altro, perché pensiamo che la politica sia cosa seria”.

Non lo cita, ma ribatte anche a Dario Francheschini, la voce più autorevole tra coloro che hanno detto “qualcosa non va, deve unire” aggiungendo che la “discussione è appena aperta”. Mentre i fedelissimi di Renzi hanno provato a spegnere le polemiche. Allo stesso tempo è una risposta anche a Giuliano Pisapia, che lo aveva sfidato a fare le primarie di coalizione: “Due mesi fa, le primarie. Non mi aspettavo 2 milioni di persone. Per qualcuno sono con la scadenza: vogliono le primarie autunno-inverno, primavera-estate. Ma cosa hanno detto le primarie? Hanno dimostrato che nel Pd conta la gente. Io rispondo alle primarie, non ai capi-corrente, ai caminetti”.

E ancora: “Non ho nostalgia dell’Unione: si parlavano addosso invece di parlare agli italiani. Con quel meccanismo, il Paese si è fermato non è andato avanti”. Quindi il richiamo al sogno maggioritario: “Ho nostalgia di altro, di Walter Veltroni che ha immaginato un Pd diverso. Aveva ragione a dire ‘Non stiamo contro Berlusconi, ma stiamo insieme noi per idea nuova di Paese'”. Eppure anche il fondatore del partito lo aveva punzecchiato negli scorsi giorni in un’intervista a La Repubblica: “A Renzi ho sempre riconosciuto che la sua ispirazione di fondo somigliava a quella del Lingotto. Ma ora, e gliel’ho detto con sincerità, faccia a faccia, gli consiglio di cambiare passo, serve una nuova stagione“.

Poi torna a martellare sulle divisioni del partito: “C’è un virus dell’autodistruzione della sinistra: nelle due settimane successive alle primarie, i sondaggi sono andati bene. Ed è partita immediatamente la polemica interna. Ho passato il primo semestre del 2017 a capire chi fabbrica prove false contro me e la mia famiglia – dice riferendosi al caso Consip che vede il padre, Tiziano, indagato per traffico d’influenze – Non mi preoccupa, quindi, un attacco contro il Pd. Non sono preoccupato per me, difendo questa comunità”.

 

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