Alla fine hanno vinto i contrari e le minacce. Così anche il parroco don Eraldo Serra si è arreso. Ventiquattro profughi non saranno accolti nei locali della parrocchia Immacolata Concezione di Maria a Roata Canale, una piccola frazione di Cuneo abitata da quattrocento persone. La decisione è stata comunicata al termine della messa di domenica 14 maggio celebrata da don Serra. Molti suoi fedeli si erano schierati contro quel progetto di accoglienza al punto che sulla bacheca parrocchiale era comparso un volantino dai toni violenti: “Questo non è un consiglio, è una minaccia. Noi i negri non li vogliamo”. Dopo il messaggio di alcuni, don Eraldo ha deciso: l’accoglienza non s’ha da fare.

La decisione è arrivata dopo un incontro col vescovo Piero Delbosco avvenuto il 2 maggio, quando è emerso che “non esistono le condizioni ambientali per realizzare il progetto della Ubuntu onlus con l’utilizzo dei locali della casa delle opere parrocchiali”, si legge nel comunicato letto al termine della messa. Gli abitanti della frazione, nel dibattito pubblico nella palestra della scuola, avevano riferito il timore non tanto dei “negri”, quanto la paura di non poter più utilizzare gli spazi pubblici della parrocchia come il campo da bocce, quello da calcio, le aule per il catechismo e via dicendo. Poi, ovviamente, non mancavano critiche al “business dell’accoglienza”. Preso atto della contrarietà dei concittadini, don Serra ha riferito al presidente dell’organizzazione che il piano di accoglienza non poteva proseguire, una decisione “conclusiva e definitiva”.

Il parroco ha comunque ringraziato le donne e gli uomini “che hanno operato con onestà, sincerità e verità”, quelli “che hanno dialogato, discusso, ragionato”, poi quelli che “provano ogni giorno a costruire un mondo ricco di umanità, in cui sia bello crescere i propri figli” e ancora quelli che “magari con tanta fatica, testimoniano che il Vangelo è davvero una buona notizia”. Tra i pochi destinatari del suo ringraziamento andrebbe incluso un medico di un ospedale di Cuneo, Corrado Lauro, che il 25 aprile, al termine della festa della Liberazione, ha scritto un post su Facebook rivolto “agli abitanti della frazione cuneese che hanno esposto il cartello”: “Comunico che non intendo prestar loro alcun intervento sanitario in elezione se non in caso di immediato rischio vita o qualora si configurassero le condizioni di una denuncia per il reato di omissione di soccorso – scriveva -. Siete pertanto pregati di rivolgervi ad altro più qualificato professionista. Comincia così la mia Resistenza”. La sua provocazione, però, è stata ripresa e contestata dal centrodestra, impegnato nella campagna elettorale in corso a Cuneo, e il dottore è stato costretto a precisare un punto: “Non mi permetterei mai di fare un triage selettivo su chi si presenta in ambulatorio e meno che mai eviterei di soccorrere qualcuno bisognoso di aiuto”, ha detto ai cronisti locali. Lo ha ripetuto anche sabato sera, ospite di Massimo Gramellini a “Le parole della settimana” su Raitre, dove ha aggiunto che “esiste un confine di tolleranza oltre al quale non possiamo retrocedere”. Dopo quell’intervento, il dottore ha scritto sulla sua pagina Facebook un ultimo messaggio pubblico: “Perdonatemi, devo spegnere i riflettori e tornare dai miei pazienti”.

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