L’Iran ci sorprende sempre. L’altro ieri, il 12 aprile, a un mese dalle elezioni presidenziali del 19 maggio, l’Iran ci ha stupito ancora una volta. L’ex presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, da molti considerato un feroce tiranno, si è nuovamente visto i riflettori puntati. Si è presentato infatti negli uffici del ministero degli Interni e a sorpresa, ha presentato la sua candidatura. A sorpresa. Eh sì, perché malgrado la sua smoderata voglia di ricandidarsi, la Guida suprema iraniana, l’Ayatollah Khamenei più di una volta gli aveva chiesto di non farlo ‘per il bene del paese’.

Una candidatura che ha subito destato preoccupazione tra la popolazione e anche tra gli ambienti elettorali. Alcuni giornali ultra conservatori oggi non ne hanno neanche riportato la notizia.

Pochi mesi fa ebbi la rara possibilità di incontrare proprio l’ex presidente iraniano Ahmadinejad. Dopo qualche settimana di trattative, decise di ricevermi nei suoi uffici a Velenjak, una zona residenziale a nord di Teheran. Un uomo normale, bassino con lo sguardo assente. Per anni avevo avuto timore e soggezione di quest’uomo, che aveva fatto tremare il mondo intero con le sue dichiarazioni folli. Invece era là, davanti a me, che mi invitava a bere il ‘chai’ il tè iraniano e a mangiare qualche pasticcino appicicossissimo al miele.

Parla poco l’inglese Ahmadinejad e alle mie domande, le solite di sempre, quelle sul futuro della popolazione iraniana e sui diritti umani aveva risposto, come prevedibile, con frasi evasive. Nelle mie ore di conversazione però, l’atmosfera era diventata un po’ tetra, specie nel momento in cui provai a fare quella domanda che nessun giornalista occidentale, fiducioso di rimanere in Iran, avrebbe mai fatto a quell’ex capo di Stato: “Parliamo dell’Olocausto”, dissi.

Ahmadinejad aveva più volte indecorosamente, durante la sua presidenza, negato l’Olocausto. Era per me davvero difficile trattare di questo tema e quando ebbi la sensazione che la domanda davvero non fosse gradita dissi che ne avremmo riparlato in seguito. Lui mi disse: “Ho molto da dire su questo argomento. Ma non ora. La stampa ha travisato le mie parole. Quando sarò pronto per parlare di questo, la chiamerò”. Fino a oggi non mi ha mai chiamata. E dubito che lo faccia.

Da questa mattina, i miei amici iraniani mi raccontano di un Iran ancora sotto shock dalla candidatura di Ahmadinejad. Hanno paura, nessuno vuole rivivere i giorni dell’Onda Verde (il movimento di protesta sceso in piazza nel giugno 2009 in Iran), nessuno vuole proteste di massa come quelle del 2009, quando venne contestato il suo secondo mandato. Nessuno vuole più avere quella sensazione di paura che l’era Ahmadinejad aveva imposto sulla popolazione e anche su chi, come me, era nel paese a vivere quella realtà.

In effetti, da quando Hassan Rohani venne eletto nel 2013, per quanto le cose in Iran non siano poi cambiate così tanto, la sensazione, forse solo illusoria, di un’apertura verso l’Occidente e la speranza di un cambiamento interno, è sempre più forte.

La candidatura di Ahmadinejad, che potrebbe essere vista come un tentativo di minare la sicurezza nazionale, potrebbe essere anche il frutto di un progetto organizzato da tempo con il supporto di altri componenti dell’ala conservatrice.

Se abbiamo sempre pensato all’Iran come a un paese con due fazioni opposte: i riformisti e i conservatori, oggi abbiamo la certezza che all’interno dell’ala conservatrice iraniana, qualche grossa spaccatura sia in atto già da tempo. Ahmadinejad però ha forse sottovalutato il fatto che involontariamente ha aiutato l’ala riformista che si trova a questo punto ancora più coesa e che vedrà grande affluenza alle urne.

Per ora si parla comunque solo di una candidatura che potrebbe anche essere rifiutata. Infatti le candidature dovranno essere approvate dal consiglio dei Guardiani. Tale organo, composto da 12 membri, ha il potere di accettare o rigettare le domande. Se Rohani non dovesse venir rieletto sarebbe la prima volta in Iran che un presidente della Repubblica uscente non ottiene la riconferma.

La figura di Ahmadinejad in Iran è complessa. Se da un lato parte della popolazione lo ritiene responsabile dell’inflazione e dei problemi economici del paese, dall’altro, soprattutto in provincia e nelle zone rurali, la sua popolarità è ancora alta. La sfida a Khamenei, però, non passerà inosservata, tanto che già si parlava, nel caso di una sua candidatura, di un scandalo che lo vede protagonista insieme a membri del suo entourage. Da un’indagine svolta su di lui, infatti, è nato il sospetto che abbia prelevato consistenti somme dalle casse statali proprio l’ultimo giorno del suo mandato.

Non è dunque da escludere qualche colpo di scena nelle prossime settimane. Mettersi contro la Guida suprema è una dichiarazione di guerra e qualcuno sta già pubblicamente dichiarando che l’ex Presidente dovrà dire addio alla sua vita politica molto presto. Probabilmente tornerà a fare il professore, continuerà a ricevere ospiti nei suoi uffici a Velenjak e chissà che un giorno non decida di ricevermi nuovamente.

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