Il giorno più lungo di Virginia Raggi, dopo l’interrogatorio di 8 ore in procura e le rivelazione sulla polizza vita a lei intestata da Salvatore Romeo, è anche l’ultimo giorno del sogno di Roma 2024. Quasi per uno scherzo del destino, le strade della sindaca del Movimento 5 stelle e della candidatura italiana alle Olimpiadi tornano ad incrociarsi. Per l’ultima volta, però: il 3 febbraio è la data fissata dal Cio per l’invio della terza parte del dossier olimpico. Una scadenza che il Coni non potrà rispettare. Qualsiasi cosa succeda in Campidoglio (e in procura), la partita sui Giochi nella Capitale è ufficialmente chiusa.

Una fine annunciata sin dallo scorso autunno, quando il Comune aveva tolto il suo appoggio e il Coni aveva staccato la spina. Esito scontato, dunque. Ma fino a un certo punto: perché ad ottobre Giovanni Malagò aveva solo congelato il progetto. Il numero uno dello sport azzurro aveva utilizzato una formula non casuale per comunicare il passo indietro dell’Italia: la candidatura era stata non ritirata, abortita o terminata, ma “interrotta“. Il colpo di coda del Comitato organizzatore presieduto da Luca Cordero di Montezemolo, subito prima della liquidazione: consegnare a Losanna entro i termini prefissati la seconda parte del dossier, nonostante il Comune avesse già votato la mozione contraria ai Giochi. Una mossa disperata per tenere aperta uno spiraglio: “Se in Campidoglio non ci fosse più la Raggi, ciò che è stato interrotto si potrebbe sempre riattivare…”, sussurravano dalle parti del Foro Italico.

E infatti fino a poche settimane fa qualcuno ha sperato per davvero che la fiamma olimpica potesse riaccendersi in extremis. Non ufficialmente: nelle dichiarazioni formali, Malagò è sempre stato netto a riguardo: “È un capitolo chiuso” (anche se il neo-ministro dello sport, Luca Lotti, era stato più sibillino nelle sue prime uscite: “Ci sarà tempo per riparlarne”, aveva detto). Ma ilfattoquotidiano.it a fine 2016 ha registrato alcuni movimenti sottotraccia dalle parti del Coni: in particolare a metà dicembre, dopo le dimissioni dell’assessora Muraro, l’arresto a Raffaele Marra e la prima crisi interna al M5s romano, a Palazzo H avevano drizzato le antenne.

“Se la Raggi fosse caduta allora, forse ci sarebbe stato il tempo per tornare in corsa”, ammettono oggi. La macchina era pronta a rimettersi in moto. La sindaca però è rimasta in sella, grazie al sostegno di Grillo e all’accordo interno alla maggioranza. E ormai è troppo tardi: entro stasera il Comitato avrebbe dovuto confezionare la terza parte del dossier, quella sulla legacy della città, comprese le garanzie mai firmate da parte del Comune. Game over, insomma. “Peccato, con tutto quello che sta succedendo a Parigi e negli Stati Uniti avremmo stravinto”, sono certi al Foro Italico.

Al Coni restano tanti rimpianti e conti da saldare (oltre 10 milioni spesi dal Comitato, tra cui vari contratti d’oro: alcuni dovranno essere onorati fino al 31 dicembre 2017). Alla città il no ai Giochi che il Movimento 5 stelle aveva promesso ed ora è davvero definitivo. Uno dei tanti alle grandi opere e manifestazioni sportive. Subito dopo le Olimpiadi, infatti, come naturale conseguenza è arrivato anche il ritiro della candidatura ai Mondiali di rugby 2023. Poi ci sono gli Internazionali di tennis in dubbio (invero non tanto per l’atteggiamento della giunta Raggi, ma per una vecchia insoddisfazione del presidente della FederTennis, Angelo Binaghi, nei confronti del Foro Italico). Ovviamente il nuovo stadio della Roma, sempre più a rischio dopo il durissimo parere negativo depositato dal Comune. E appunto Roma 2024, l’inizio e la fine di tutto. Anche ora che la poltrona della sindaca vacilla di nuovo. La Raggi potrà cadere domani, fra un mese o arrivare a fine mandato: per le Olimpiadi è finita comunque.

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