Vertenza Almaviva. Un epilogo drammatico in qualunque modo lo si voglia osservare. Lo sarebbe stato comunque anche se le Rappresentanze sindacali unitarie (Rsu) di Roma avessero optato per lo stesso percorso di accordo intrapreso dalle Rsu di Napoli. L’ipotesi di accordo verte su tre punti fondamentali per l’azienda: abbassamento delle retribuzioni, controllo individuale delle prestazioni e soprattutto la richiesta di strumenti per aumentare la produttività dei siti di Napoli e Roma. Un ricatto che similmente si era già accettato non molto tempo fa, e che oggi viene riproposto: 2500 persone con una tagliola sul collo.

A Roma le Rsu non firmano, non accettano il temporeggiamento (tre mesi di cassa integrazione) per arrivare alla stessa scelta blindata. Diritti e abbassamento del salario barattati per un lavoro. Ancor più inaccettabile è che oggi la colpa dei licenziamenti ricada su di loro, lavoratori che hanno il dovere di rappresentanza e allo stesso tempo di non permettere che la dignità di chi lavora sia schiacciata dalla paura. È in questa somma di fattori che io interpreto il loro ‘no’ a quell’ipotesi di accordo che il governo sostiene e che i sindacati sono pronti a firmare unitariamente.

Al referendum romano post voto, il ‘sì’ all’accordo vince con 100 voti circa di scarto su 1100 votanti. Cinquecento lavoratori non votano. La “maggioranza”, si dice. L’azienda non lascia comunque margine temporale e conferma i licenziamenti. Più di 1600 persone. Immagino e spero si andrà avanti per via legale, in una pioggia di ricorsi su Almaviva; si DEVE continuare a lottare.

Cosa ci vuole dire tutta questa storia? Firmare quell’accordo non avrebbe salvato nessuno e non salverà i lavoratori di Napoli. Bisogna avere il coraggio, in un momento di enorme difficoltà, di ascoltare quella base che riconosce il valore di un lavoro dignitoso e di quella lotta che a volte può essere impopolare, ma reale. Lo dico da Rsu Cgil, anche se di altra categoria: dobbiamo chiederci quale sia il limite al compromesso per “salvare il salvabile” in questo sistema di dispersione di diritti senza fine, con le delocalizzazioni che continuano inesorabili, e l’ambizione da parte delle aziende di ridurre sempre di più il costo del lavoro.

Non c’è bisogno, invece, di chi strumentalizza e tenta di rovesciare i ruoli per fare propaganda politica. Non c’è bisogno neppure dell’onorevole Di Maio che, sproloquiando, promuove l‘individualismo e la fine della rappresentanza. Ciò che mi stupisce non è la posizione antisindacale palesata spesso da esponenti dei 5 Stelle e da Grillo stesso, ma constatare che, in Cgil, molti iscritti, delegati, segretari o funzionari con ruoli più o meno importanti, siano allo stesso tempo attivisti di quel Movimento. Per me si tratta di un paradosso, di cui continuo a non capacitarmi.
Quel ‘no’ io lo riconosco come una grande lezione di dignità e come monito rivolto a tutti. Per questo sono solidale con quelle Rappresentanze e con gli oltre 400 lavoratori di Roma che con quel ‘no’ sono stati puntualmente rappresentati. Sono tutti irresponsabili? Io dico: sono lucidi. Tra i maggiori committenti di Almaviva ci sono anche aziende pubbliche come Enel, Eni, Poste, Ferrovie, Equitalia, Inps, Comuni di Roma e Milano, e colossi privati come Mediaset, Telecom, Sky, Vodafone, Wind, Fastweb, American Express: mi rendo conto siano specifiche omettibili, ma Federica Sciarelli insegna che “ogni particolare può essere importante per risolvere il caso”.

Credo sia arrivato il momento di una resistenza attiva, e non difensiva. Abbiamo visto in questi ultimi anni che acquisire miserrime tregue precarie e basate sul ricatto, non ci sta portando a nulla se non all’accusa infamante di essere complici di questo sfacelo. E visto che io ci credo nell’azione sindacale – e siamo in tanti a crederci – e c’è ancora tanta passione e impegno onesto dentro le categorie territoriali e nazionali, allora io dico alla mia Cgil che se essere impopolari pare essere diventata per noi una condanna scontata, chiedo lo sia nella lotta e non nella sottomissione.

La musica spesso si intreccia ai miei pensieri e li accompagna nella scrittura a seconda degli argomenti. Per i lavoratori di Almaviva che hanno detto ‘no’, “Smisurata preghiera” di Fabrizio De Andrè ha risuonato nella mia testa fino a questo punto. La condivido con chi saprà ascoltarla in ogni sua parola.

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