Sappiamo quando un viaggio comincia, non quando finisce. Il nostro “giro del mondo contromano” senza un itinerario preciso né una tabella di marcia, a bordo della vecchia R4 del mio amico Pietro, è cominciato il 15 agosto di tre anni fa; da allora abbiamo trascorso sei mesi on the road, abbiamo attraversato 19 paesi, fatto decine di soste, affrontato decine di litigi, conosciuto un sacco di gente, toccato con mano quanto l’Europa sia un puntino tanto vanitoso quanto insignificante nel mondo di oggi. Chi ha avuto la bontà di seguire questo blog, il nostro diario di bordo, tutto questo lo sa.

Tornato a casa, preso dalla nostalgia di quando avevo nostalgia di casa, ho ripreso in mano il blog. Questo blog. E nel rileggerlo mi sono accorto che il viaggio non era finito: mancava un’ultima tappa. I ricordi continuavano a viaggiare nella memoria; quello che era era stato si confondeva con quello che non era stato ma avrebbe potuto essere, e perfino con quello che si sarebbe potuto immaginare. Ma senza che una cosa escludesse l’altra, anzi. A volte sembra che ci accadano delle cose proprio per poterne immaginare delle altre, e mai come quando si viaggia.

“Il rapporto tra spazio e tempo ha qualcosa di illusionistico e di illusorio”, scrive W.G. Sebald in quel meraviglioso libro erratico che è Austerlitz, “ed è anche per questo che ogniqualvolta ritorniamo da un viaggio, non sappiamo mai con certezza se siamo stati via”. Ecco, nemmeno io sapevo con certezza se ero stato via. Era arrivato il momento in cui io Pietro dovevamo toglierci di mezzo e affidare l’R4 a due amici, un altro io e un altro Pietro che non ci conoscevano, anzi, non volevano proprio saperne di noi due.

Così è nato Guida al giro del mondo, romanzo che guida contromano dove in ogni pagina e in ogni personaggio qualcosa è vero, qualcosa non lo è più, incluse le immagini scattate durante il viaggio (le fotografie sono indizi che abbiamo vissuto, mai prove certe). Solo l’R4, la Rabmobile verde shetland, è sempre invariabilmente lei.

C’era una volta un blog e ora c’è un romanzo picaresco, un po’ reportage e un po’ travel novel, che da questa settimana è nelle librerie. Come nella favola di Pinocchio, ma al contrario: il ragazzino in carne e ossa è diventato un burattino parlante. Ora so che il nostro giro del mondo contromano è davvero finito, anche se continuo a non essere certo se io e Pietro siamo stati via. Se devo essere sincero, lo so meno di prima.

(di N.D.)

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