Il disastro ferroviario in Puglia “evidenzia purtroppo un oggettivo collegamento con i temi” di cui si occupa l’Anac. Lo afferma Raffaele Cantone, presentando in aula Koch al Senato la relazione 2015 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, presenti fra gli altri il presidente dell’assemblea di Palazzo Madama Pietro Grasso e il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone. Lo scontro fra due convogli, costato al vita a 23 persone, “è frutto probabilmente di un errore umano, ma anche conseguenza di un problema atavico del nostro Paese di mettere in campo infrastrutture adeguate ed una delle ragioni di ciò è da individuarsi nella corruzione”. Molte opere pubbliche, soprattutto al Sud, si sono “arenate”, come “l’anello ferroviario di Palermo che, messo a bando nel giugno 2006, nell’ottobre 2015 registrava un avanzamento fisico pari al 3% dell’importo dei lavori, e dell’autostrada A14 Bologna-Taranto, per la quale sono stati sottoscritti ben tre accordi transattivi”.

L’intervento del presidente dell’Anac in Senato è un atto d’accusa sulle troppe cose che ancora non funzionano a dovere nel contrasto alle tangenti, dall’implementazione del “whistleblowing” – la segnalazione di illeciti e malaffare dall’interno di enti e aziende – ai piani anticorruzione della pubblica amministrazione, dalla trasparenza degli enti locali alle risorse dell’Anac, a cui la mancata azione del governo impedisce  “di investire risorse che l’Autorità ha già a disposizione”.

ANAC, I FONDI BLOCCATI. Si ritiene non più procrastinabile intervenire sull’articolo 19 del decreto 90 che impedisce oggi all’Autorità di investire le risorse che ha già a disposizione”, ha denunciato il magistrato. “Rimuovere questo vincolo non significa aprire il rubinetto della spesa, ma permettere all’Anac, senza oneri aggiuntivi per le finanze pubbliche, di rafforzare le proprie competenze e professionalità, di offrire a cittadini e operatori del mercato strumenti e servizi indispensabili e, soprattutto, di portare avanti i tanti progetti utili per la prevenzione della corruzione”.

WHISTLEBLOWING: “PARZIALE INSUCCESSO”. Nel merito dei provvedimenti anticorruzione, Cantone rileva un un “parziale insuccesso” del whistleblowing, a tutela del quale la Camera ha approvato una legge a gennaio, che però deve ancora affrontare il passaggio in Senato. “Nel 2015 – osserva Cantone – le segnalazioni pervenute direttamente all’Anac (ben 200) sono aumentate anche se raramente si sono rivelate utili, perché provenienti in gran parte da soggetti che non avevano trovato soddisfazione con la denuncia all’autorità giudiziaria o all’interno della propria organizzazione”. Le “constatate e innegabili criticità”, però, non giustificano “l’accantonamento” della pratica, che vuole “esaltare l’importanza, anche etica, del contributo collaborativo dei pubblici dipendenti”. Anche il presidente Grasso – che ha rimarcato come il Parlamento ci abbia messo tra anni a recepire il suo testo anticorruzione – ha esortato il Parlamento ad adottare “strumenti ben più efficaci per far emergere un fenomeno così pervasivo, dannoso per l’economia, le casse dello Stato e i servizi ai cittadini”.

In generale, però, da parte dei cittadini c’è un “risveglio”, mostrato dall’aumento delle segnalazioni di anomalie su appalti di lavori, servizi e forniture, passate da circa 1.200 del 2014 a quasi 3mila nel 2015, “generando l’apertura di circa 1.880 fascicoli (con un balzo di oltre il 50% rispetto al 2014)”

PIANI ANTICORRUZIONE? FATTI SOLO PER EVITARE GUAI. Tra le note dolenti, la lentezza della pubblica amministrazione ad adeguarsi agli obblighi previsti dalla legge anticorruzione del 2012, soprattutto su fronte della prevenzione di cricche e mazzette. I Piani triennali di prevenzione della corruzione, che ogni pubblica amministrazione deve predisporre, sono stati finora di qualità “modesta”. Il Piano nazionale del 2013, ha detto Cantone, è “rimasto sostanzialmente ‘un pezzo di carta”, anche se l’Anac ne ha sfornata una nuova versione nel 2015. L’analisi del contesto esterno è assente per oltre l’84% dei casi, la mappatura dei processi delle aree a rischio obbligatorie è di scarsa qualità e analiticità in circa tre quarti dei casi, mentre le misure di trattamento del rischio sono adeguate solo in 4 casi su 10. Criticità confermate anche dall’attività di vigilanza: nel corso del 2015 sono stati aperti 929 procedimenti istruttori, alcuni relativi a importanti amministrazioni come Roma Capitale e il ministero dello Sviluppo economico. Oltre alla scarsità di risorse, Cantone evidenzia da parte dei funzionari responsabili “l’atteggiamento di mero adempimento formale, limitato ad evitare le responsabilità in caso di mancata adozione del Piano”. E i responsabili della prevenzione della corruzione? “E’ sempre più evidente” il loro “isolamento”, dovuto al “sostanziale disinteresse degli organi di indirizzo politico, che il più delle volte si limitano a ratificare il suo operato, approvando il Piano senza alcun approfondimento o supporto reale all’attività”.

TRASPARENZA? INADEMPIENZE AL 16,5%. Si registrano buchi sul fronte della trasparenza, altra medicina preventiva rispetto a mazzette e favoritismi. “Permane a oggi una piccola parte di amministrazioni (il 16,5%) che non si è dotata, all’interno del proprio sito, della sezione ‘Amministrazione trasparente‘, il contenitore di tutte le informazioni da pubblicare”.

ROMA, METRO C: “PENSARE AL PROSIEGUO DELL’OPERA”. Un capitolo della relazione è dedicato al caso Roma (il cui neosindaco Virginia Raggi era presente in Senato). A cominciare dalla grande incompiuta del Metro C, oggetto di un’inchiesta penale con 13 indagati. “Colpisce il fatto che il progetto posto a base di gara era carente di adeguate indagini preventive per una parte molto estesa del tracciato”, si legge. “Considerato il rilevante incremento di tempi e costi, l’Autorità ha invitato i soggetti coinvolti ad assumere ponderate decisioni circa il prosieguo dell’opera”. Con riferimento a Roma Capitale “le verifiche sulla gestione di ben 1.850 procedure, non ad evidenza pubblica, hanno mostrato numerosi e gravi conflitti di illegittimità”. L’Autorità ha rilevato un “ricorso generalizzato a procedure sottratte al confronto concorrenziale; la carenza/omissione della verifica dei requisiti di partecipazione alle procedure negoziate degli operatori economici; un improprio ricorso all’affidamento diretto di servizi a cooperative sociali” e “carenze/omissioni nella verifica dell’esecuzione del contratto”.

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