Arriva il voto di fiducia alla Camera tra molte polemiche per il testo Cirinnà, ma il ddl sulle Unioni civili non è solo controverso ma anche discriminatorio. Perché ha tutta una serie di effetti collaterali sul codice penale. Modifiche, distinguo, limature e stralci hanno forse fatto dimenticare al legislatore un inevitabile effetto domino. Senza contare che – come scrive Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera – con questo testo la bigamia potrebbe essere di fatto consentita, ma resta punibile tra persone legate invece da matrimonio. Già a febbraio il governo era dovuto correre ai ripari per un errore nel testo che rendeva “nulla l’unione con un partner gay”. Ma ancora prima sulla questione era intervenuto anche il Colle. Senza dimenticare che l’articolo 3 della Costituzione è chiaro: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso di razza, di lingua di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

Una legge discriminatoria perché il testo premette che le disposizioni che contengono la parola “coniuge” si applicano “anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso”, ma “al solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile”. Le ripercussioni riguardano una lunga di serie di reati: “Il riflesso più evidente – scrive Ferrarella – è sull’omicidio, la cui pena base 21-24 anni sale a 24-30 anni se si uccide il coniuge: ma poiché l’omicidio non è certo norma a rafforzamento degli obblighi derivanti dall’unione civile, l’aggravante non potrà pesare su assassini legati da unioni civili alla persona assassinata, mentre continuerà a valere per mariti e mogli. Stesso schema nei sequestri di persona: quando il pm blocca i beni utilizzabili dal coniuge per pagare il riscatto, il blocco non potrebbe essere imposto al coniuge legato da unione civile con il rapito”.

Non ci sono solo i reati contro la persona. Anche un tipico illecito penale da colletti bianchi potrebbe subire una ricaduta rilevante. “L’abuso ufficio commesso da pubblici ufficiali che non si astengano in presenza di un interesse di un prossimo congiunto come il coniuge: continuerà a essere reato per mariti e mogli, ma non potrà incriminare i partner di una unione civile”

Chi scegliesse di unirsi civilmente sarebbe in qualche modo sfavorito rispetto ai coniugi e rispetto alla legge in tanti altri casi. Per esempio il codice penale prevede la non punibilità per chi fa falsa testimonianza, mente al pm o compie favoreggiamento personale del prossimo congiunto; la non punibilità di chi a favore di un prossimo congiunto commette reato di assistenza ai partecipi di associazioni per delinquere o con finalità di terrorismo; la non punibilità del furto o della truffa ai danni del partner non legalmente separato”.

Tra i contraccolpi del ddl Cirinnà anche la discriminazione tra chi si unirà civilmente e i conviventi di fatto. È previsto solo per i primi l”l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione”. Di fatto e per legge “discriminerà i partner della prima categoria che, diversamente da quelli della seconda, nel penale rischieranno l’accusa di omicidio o lesioni personali per l’eventuale medesima condotta di mancata prestazione di cure o di alimentazione”.

Ma questo pasticciaccio non potrà essere corretto con il solito emendamento last second, probabilmente la legge dovrà essere nuovamente rimaneggiata. Oppure come come suggerisce Gian Luigi Gatta, professore di diritto penale alla Statale di Milano, interpellato dal quotidiano di via Solferino, suggerisce “il decreto delegato di coordinamento che il Governo dovrà adottare entro 6 mesi sulle unioni civili. Ma sulle convivenze di fatto manca un’analoga delega legislativa”. A tutto questo si aggiunge la polemica innescata dai parlamentari di centrodestra che da tempo lamentano i “molti profili di incostituzionalità“ del testo.

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