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Sentenza Severino, indagati De Luca e la giudice Scognamiglio, che bocciò la sua sospensione: “Corruzione e rivelazione di segreto”

Vincenzo De Luca è indagato a Roma per corruzione con altre 6 persone tra cui Anna Scognamiglio, giudice del Tribunale di Napoli che in estate aveva accolto il ricorso del presidente della Campania contro la sospensione inflittagli in virtù della legge Severino. Sul registro degli indagati figurano anche Guglielmo Manna, marito del magistrato, e Nello Mastursi, capo della segreteria del governatore, dimessosi 2 giorni fa
Sentenza Severino, indagati De Luca e la giudice Scognamiglio, che bocciò la sua sospensione: “Corruzione e rivelazione di segreto”
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Vincenzo De Luca è indagato a Roma per corruzione per induzione e rivelazione di segreto insieme ad altre 6 persone tra cui Anna Scognamiglio, una dei giudici del Tribunale di Napoli che in estate aveva accolto il ricorso del presidente della Campania contro la sospensione inflittagli in virtù della legge Severino. Sul registro del pubblici ministeri di piazzale Clodio sono finiti anche Guglielmo Manna, marito del magistrato e Nello Mastursi, capo della segreteria del governatore, che si era dimesso due giorni fa. Era stata la Procura di Napoli ad avviare l’inchiesta e poi per competenza territoriale ha inviato gli atti a Roma, che si occupa delle vicende giudiziarie che riguardano i magistrati partenopei.

L’inchiesta nasce da un’intercettazione in cui Manna chiede a Mastursi un’assunzione nell’ambito della sanità, ventilando la possibilità di un intervento di sua moglie in una vicenda che stava a cuore all’ex capo della segreteria del presidente della Giunta campana. La Scognamiglio, in seguito, è stata estensore della sentenza con la quale il 22 luglio la prima sezione civile del Tribunale di Napoli ha confermato la decisione del giudice monocratico di sospendere l’efficacia della legge Severino nei riguardi di De Luca, condannato a un anno per abuso d’ufficio a Salerno.

La Squadra Mobile di Napoli nei giorni scorsi aveva perquisito la casa di Mastursi, vicesegretario del Pd campano, e i suoi uffici a Palazzo Santa Lucia, sede della giunta regionale. Il governatore e i suoi hanno così appreso le ragioni delle indagini, il grado di coinvolgimento di Mastursi, e il suo imbarazzo all’esito delle perquisizioni (gli è stato anche sequestrato il cellulare).

Di qui la decisione di farlo dimettere. Le ragioni delle dimissioni erano state state camuffate dietro un comunicato di maniera, che le giustifica con “l’impossibilità, dopo questi primi mesi di lavoro, di coprire contemporaneamente il ruolo di responsabile politico dell’organizzazione del Pd regionale a fronte di un impegno sempre più rilevante in vista delle prossime amministrative, e un ruolo istituzionale del tutto assorbente per il carico di lavoro e i ritmi di attività impressi dalla nuova amministrazione in tutte le politiche di settore”.

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