C’è una molecola, già impiegata nella lotta al cancro, che potrebbe dare una mano agli studiosi anche nel contrasto all’Aids. È un antitumorale estratto dalla linfa di una pianta, “l’Euphorbia peplus”. Il suo nome tecnico è “PEP005” e, secondo i ricercatori Usa dell’Università della California a Davis, che ne hanno illustrato le caratteristiche in uno studio pubblicato su “Plos Pathogens” (leggi), è in grado letteralmente di stanare il virus dell’Hiv.

Come? Risvegliandolo dalla sua fase di latenza, nella quale si rifugia, anche per anni, per sfuggire alle difese dell’organismo. Il virus dell’Aids è, infatti, in grado di nascondersi in tessuti cosiddetti santuari, come intestino, fegato e sistema nervoso, facendo in questo modo credere – com’è già accaduto in passato in alcuni casi italiani e americani di Hiv pediatrico, ad esempio il cosiddetto Mississippi baby – che il virus sia stato in qualche modo sconfitto.

“Siamo davvero entusiasti di avere identificato un eccezionale candidato per la riattivazione dell’Hiv – commenta Satya Dandekar, la microbiologa che coordina il team di ricerca Usa -. Questa molecola ha grandi potenzialità, a partire dal fatto che è già stata approvata per l’uso nell’uomo, anche se – sottolinea l’esperta – dovranno essere a questo punto condotti ulteriori test clinici specifici per l’Hiv”.

Nelle prime analisi già effettuate su campioni di sangue estratto da 13 pazienti la molecola si è, infatti, dimostrata poco tossica e “molto potente” nel risvegliare l’Hiv latente. Un risultato – il cui effetto può essere potenziato fino a 15 volte usando il composto insieme ad un’altra molecola chiamata “JQ1” – considerato dagli autori molto importante, sebbene ancora preliminare.

Negli ultimi anni si sono moltiplicati gli sforzi degli studiosi per individuare strategie terapeutiche efficaci contro l’Aids. A partire dalla ricerca di un vaccinoad esempio attraverso tecniche di manipolazione del Dna come la terapia genica, o sfruttando le potenzialità del sistema immunitario, con la cosiddetta immunoterapia.

Un aiuto è arrivato, inoltre, nei mesi scorsi dall’individuazione delle tane dove il virus è solito nascondersi nell’organismo, fino a diventare invisibile. Una volta scoperti i suoi rifugi, si può, infatti, puntare – come hanno fatto gli studiosi Usa – a risvegliare il virus. Un modo, secondo gli esperti, per renderlo nuovamente visibile alle sentinelle del sistema immunitario, e ai farmaci antiretrovirali. “Il nostro è solo un primo passo – concludono i ricercatori americani – di una possibile strategia che punti in futuro alla completa eradicazione del virus dall’organismo”.

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