Qualche giorno fa dalle righe di questo mio spazio ho posto delle domande alla Regione Lombardia, nella figura del suo presidente Maroni e di tutti i firmatari di una delibera approvata il 1 luglio scorso in cui si autorizzava Lombardia Informatica a dare ad enti terzi, non solo pubblici, i dati sanitari contenuti nel Datawarehouse regionale. Da cittadino ho inviato una mail al procuratore di Milano, Bruti Liberati, ed al garante della privacy, Soro, per chiedere il loro parere in merito.

Il Movimento 5 Stelle, nella persona dell’Onorevole Giulia Grillo è intervenuta alla Camera per richiedere con voce più forte l’intervento di Soro. Qualche giorno dopo la pubblicazione del mio post sono stato contattato dall’ufficio stampa di Lombardia Informatica per un incontro. Il direttore centrale operations ed il direttore sanità e Crs-Siss avevano piacere di conoscermi. Venerdì 7 novembre ho passato quasi due ore a confrontarmi partendo dalle domande da me poste, in realtà non a Lombardia Informatica ma alla Regione Lombardia che aveva deciso la delibera. Ho incontrato due persone, oltre l’ufficio stampa, che mi hanno accolto con gentilezza e disponibilità a spiegarmi ed ascoltare.

Così scopro che Lombardia Informatica ha 500 dipendenti che gestiscono 300 servizi diversi per Regione Lombardia che spaziano dalla protezione civile, all’agricoltura, alla sanità, al commercio, all’ambiente, alla famiglia, in base alle competenze delle persone. Quindi, secondo Lombardia Infromatica, 500 persone sono tante ma per ovviare alla mole di lavoro è meglio appoggiarsi ad enti esterni piuttosto che assumere altro personale che abbia competenze mediche. Da qui la scelta di aprirsi ad enti ospedalieri di ricerca e di studio, che collaborino attivamente per sviluppare studi a carattere scientifico con la regione Lombardia, usando Lombardia Informatica che fa da integrazione fra gli enti e la Regione e per questo deve essere retribuita dei costi.

I dati sanitari, secondo Lombardia Informatica, sono tutti anonimizzati e conservati nei loro uffici nel Datawarehouse che raccoglie qualunque prestazione sanitaria erogata in Regione Lombardia a differenza del fascicolo sanitario che necessita di una autorizzazione del cittadino. I dati del Datawarehouse vengono utilizzati per sapere cosa stiamo spendendo, quali interventi vengono fatti, quali procedure anche in termine di efficienza e di efficacia di tutte le strutture ospedaliere. Scopro che in Lombardia il fascicolo sanitario è in funzione dal 2000, con grosse difficoltà organizzative e di lettura fra le varie strutture o singolarmente, ed è stato preso come modello per avviare il fascicolo sanitario nazionale che, secondo la Lorenzin, partirà nel 2015.

Scopro che nel fascicolo sanitario, dopo l’autorizzazione data dal cittadino, si permette al medico curante ed in sede di ricovero l’accesso ai dati. Il cittadino può oscurare o inserire dati a suo piacimento. Qui cominciano i dubbi da me espressi perché in assoluto non sono d’accordo in quanto si abbassa la qualità. Il dato sanitario è un dato importante: il cittadino deve conservarlo ma non deve modificarlo od oscurarlo, sarebbe solo controproducente per la sua salute. Ho fatto un esempio: esiste un farmaco antiprostatico che può dare gravi complicanze intraoperatorie durante l’intervento di cataratta, guai se diamo la possibilità di modificare un dato: potrebbe per motivi non medici non voler dire tutto, contro la sua salute.

Il momento più interessante di questo incontro c’è stato quando il direttore operativo ha detto: “La differenza che c’è tra il sistema attuale e quello proposto da lei (History Health) è che l’azienda ospedaliera archivia sui propri server e dai server locali arriva a noi. Invece con il nuovo sistema qualunque dato, rilevato a livello regionale o nazionale, non viene registrato a livello locale ma in uno spazio personale a livello nazionale.” E conclude: “E’ una bella rivoluzione”. Ecco ha colpito il cuore di History Health.

Sono stato felice di aver partecipato a questo incontro con dei tecnici che hanno capito la portata di History Health. I politici, a cui in fondo erano in realtà destinate le domande su dove vanno i nostri dati sanitari, sono lontani. Sono loro che vogliono gestire quali farmaci prendiamo, quali interventi eseguiamo, quali esami clinici. Vogliono sapere quanti solo per far vedere i conti in ordine di Regioni virtuose. Vogliono sapere di noi localmente non in modo nazionale o globale. A loro non interessa nulla della salute ma di quello che la salute può generare: per questo fa paura History Health. Il paziente entra in contatto con un medico, un ospedale o con altro e non rimane nulla del suo passaggio. Se lo porta con sé finché in vita. Decide lui a chi, quando e come farlo vedere. In ospedale, per farsi pagare dalla Regione, rimane solo un passaggio amministrativo con un codice identificativo della prestazione economica.

Sì, è proprio una bella rivoluzione History Health.

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