“Quando le assunzioni sono affidate agli uomini la bellezza fisica viene preferita alle capacità lavorative”. E’ l’accusa che la dipendente 33enne di un istituto di credito di Padova ha rivolto via Facebook al mondo del lavoro. Non ha fatto nessun nome, la giovane dipendente. Eppure qualcuno dei suoi superiori deve essersi sentito chiamato in causa, visto che questo sfogo le è costato caro: prima è stata sospesa per 5 giorni dal suo capo con una lettera di contestazioni e poi è stata costretta alle dimissioni dall’istituto bancario. Una giovane impegnata nella tutela dei diritti delle donne, essendo membro nella commissione pari opportunità e iscritta alla Fondazione Belisario, ente che si occupa dello studio e della progettazione di interventi rivolti alle esigenze dell’imprenditoria e del management femminile. A metterla nei guai è stato un post del 20 agosto scorso: “Ha un nome la patologia di certi uomini, responsabili della selezione del personale, che fanno colloqui solo a ragazzine di diciannove anni con un fisico da modella e gli occhi da cerbiatta?”.

In un secondo messaggio rincara la dose: “Gli uomini sono fatti così: se sei bella per loro sei bravissima, hai valore e sei piena di meriti. Punto. E poi stiamo qui a parlare di meritocrazia. Ma dai!!! Le donne dovrebbero mandare a f…. il mondo maschile e il politically correct e prendersi quello che spetta loro”. Subito dopo la pubblicazione dei post, il suo superiore fa scattare una procedura disciplinare, con una sospensione di cinque giorni. Trascorsa la settimana di pausa forzata, durante un colloquio con i vertici della sua azienda la donna è stata spinta a lasciare il posto di lavoro. Epilogo della storia, alla 33enne non è restato che negoziare insieme al suo legale il corrispettivo per la rinuncia al posto di lavoro.

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