“La profondità va nascosta. Dove? Alla superficie”. Uno dei protagonisti de Il direttore, il banchiere Ludovico Bogani, compra il libro degli amici di Hugo von Hofmannsthal in cui si legge l’aforisma che ben riassume l’approccio di Luigi Bisignani.

Il faccendiere (lui preferisce brasseur d’affaires) Luigi Bisignani c’è riuscito di nuovo: per mesi, con una curiosità morbosa venata d’inquietudine, in tanti hanno atteso il suo romanzo Il direttore, uscito ieri per Chiarelettere, così come un anno fa avevano aspettato (molti di più e molto più preoccupati) il libro intervista L’uomo che sussurrava ai potenti, scritto con Paolo Madron. Ancora una volta l’ex giornalista dell’Ansa, ex professionista di relazioni nel sottobosco andreottiano e berlusconiano, condannato per la tangente Enimont, che ha appena patteggiato un’altra condanna per l’inchiesta sulla cosiddetta P4 e che è stato agli arresti domiciliari per un’indagine su appalti di Palazzo Chigi, insomma, uno degli uomini più informati e meno trasparenti delle due Repubbliche, racconta mezze verità, lascia intuire o millanta di saperne altre, racconta ma non rivela.

Il bersaglio del suo romanzo è, come dichiarato fin dal libro precedente, il direttore de il Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli, appena mascherato dal personaggio di Mauro De Blasio. Bisignani non ha gradito che il Corriere abbia raccontato con un’attenzione che lui ha giudicato eccessiva lo scandalo della P4, aveva minacciato, con il suo stile allusivo e malizioso, di rifarsi rivelando retroscena e intercettazioni mai trascritte tra lui e De Bortoli. Il risultato è un romanzo che riporta Bisignani alle origini, quando, prima di accreditarsi come suggeritore e ispiratore di politici e manager scriveva thriller come Il sigillo della porpora e Nostra signora del Kgb, qualcuno si spingeva a vedere in lui il Ken Follett italiano (poi Bisignani ha scelto una carriera più remunerativa della scrittura di best-seller). Chi si aspettava retroscena, i segreti dei momenti di svolta degli ultimi anni dentro la Rcs, rivelazioni sul momento più drammatico, cioè proprio il ritorno di De Bortoli al vertice di via Solferino nel 2009, deve accontentarsi di un intrigo internazionale che mescola riferimenti a fatti e persone reali con un intreccio di fantasia, anche appassionante ma per le notizie o le confessioni bisognerà aspettare, forse, il prossimo libro (o la prossima inchiesta giudiziaria con intercettazioni telefoniche).

Il gioco è comunque obbligato: chi sono gli omologhi reali dei personaggi del libro? Trama: si comincia con un impiccato sotto ponte Milvio a Roma, si prosegue con il direttore che trasforma in un grande scandalo una vicenda giudiziaria minore, l’arresto di un certo Luca Alessandri, per distogliere l’attenzione da uno scandalo di proporzioni ben maggiori che poteva scoppiare coinvolgendo il banchiere azionista del giornale Ludovico Bogani e la sua rete di rapporti internazionali. Non ci vuole la fantasia di Ken Follett per vedere nel banchiere ottantenne Giovanni Bazoli, il presidente di Intesa Sanpaolo, e a lungo garante degli equilibri di via Solferino. Anche nel libro il banchiere è amico di un finanziere polacco, quello vero si chiama Romain Zaleski ed è uno dei debitori più imbarazzanti di Intesa (che gli ha prestato oltre un miliardo senza garanzie), nel libro è Jan Sibiesky. I parallelismi sono superficiali, i tempi non combaciano, Bisignani non sta rivelando che il Corriere ha coperto i guai di Zaleski (su cui De Bortoli non è mai stato particolarmente tenero) con le paginate sulla P4, è solo lo stile dell’autore, mescolare il falso e il verosimile.

All’uomo che “sussurava ai potenti” interessa dimostrare di conoscere le dinamiche interne dei giornali e del Corriere nello specifico, così come nel libro precedente aveva raccontato di quando Eugenio Scalfari gli mandava una bottiglia di champagne per ogni scoop “made in Bisignani” che usciva su Repubblica. Oltre a raccontare relazioni dietro le porte degli uffici, sussurri nei corridoi e tese riunioni di redazione, Bisignani separa buoni e cattivi: il personaggio negativo è Lucrezia Sansovino, la giornalista che avalla il piano del direttore e insegue la verità nei verbali (nel libro precedente Bisignani aveva già fatto le sue rimostranze a Fiorenza Sarzanini, la cronista di giudiziaria che si era occupata della P4). Fosco Massani invece è il professionista di una volta, quello che scrive con la Olivetti – unico dettaglio davvero non plausibile del libro – che pensa ai suoi giovani collaboratori precari prima che alla carriera, che cerca le notizie affidandosi alle fonti invece che alle carte e che quando non riesce a pubblicare le notizie sul suo giornale si rifugia sul web con l’etichetta Area 71. Anche qui il gioco è scoperto: Fosco Massani è il giornalista collettivo che prendeva notizie da Bisignani (nel libro il suo alter ego è un funzionario del sottobosco dei servizi segreti) invece che dai magistrati, Area 71 è un’allusione al sito Dagospia di cui Bisignani è stato a lungo il principale suggeritore. Secondo il giornale on line di Paolo Madron, Lettera 43, la presentazione de Il direttore al salone del libro di Torino è stata annullata perché era prevista l’ 8 maggio, il giorno in cui si riunisce l’assemblea dei soci della Rcs, l’editore del Corriere. E visto che tra gli argomenti di cui si discute da settimane ai piani alti di via Solferino c’è anche la sostituzione di De Bortoli, la coincidenza poteva risultare fastidiosa. Al suo direttore, nel libro, Bisignani riserva un’uscita di scena dignitosa e una poltrona alla presidenza della Rai.

Twitter @stefanofeltri

il Fatto Quotidiano, 24 Aprile 2014

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