I crediti inesigibili delle banche italiane superano i 150 miliardi di euro nel 2013, tre volte il valore di soli cinque anni fa dopo il fallimento della banca d’investimento americana Lehmann Brohers. E’ quanto emerge dai dati dell’Osservatorio monetario, redatto dagli economisti dell’Università Cattolica di Milano, su dati Bankitalia, Bankscope e Aida.

La cifra raggiunge i 300 miliardi di euro se si prendono in considerazione tutti i crediti deteriorati, cioè anche i prestiti che non sono definitivamente perduti, ma sono comunque a rischio. Un dato quest’ultimo cresciuto del 10% solo negli ultimi due anni e che rappresenta quasi un quarto dei crediti totali alle imprese. Dati che mostrano le difficoltà sempre crescenti del sistema produttivo a restituire i prestiti e che, secondo alcuni studi, sono destinati a crescere nel 2014.

In generale, i non performing loans (i crediti per i quali la riscossione è incerta sia in termini di rispetto della scadenza che per ammontare dell’esposizione), divisi tra incagli e sofferenze, sono passati dal 5,1% alla fine del 2008 al 16% nel 2013. Il rapporto tra i crediti in sofferenza e il totale dei prestiti ha toccato il 9,1% lo scorso dicembre, quasi 7 punti percentuali in più rispetto alla fine del 2008; per i prestiti alle imprese invece il rapporto è passato dal 3 al 13 per cento.

E il 2014 non sembra sia partito sotto i migliori auspici. A febbraio 2014 le sofferenze lorde delle banche italiane, secondo l’ultimo bollettino dell’Abi, erano pari a 162 miliardi di euro, in aumento rispetto ai 160,4 miliardi di gennaio. Il rapporto sofferenze lorde su impieghi è dell’8,5% a febbraio 2014 mentre era il 2,8% a fine 2007.

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