Ogni giorno, in Italia, un amministratore viene minacciato o intimidito. Nel 2013 si sono verificati più di 350 episodi, una media di 29 al mese. “Un vero e proprio bollettino di guerra” secondo Roberto Montà, presidente di Avviso Pubblico, la rete di enti locali contro le mafie che ogni anno censisce minacce e aggressioni rivolte a sindaci, assessori, consiglieri comunali e funzionari pubblici. L’ultimo rapporto dell’associazione, che si intitola appunto “Amministratori locali sotto tiro”, segnala un preoccupante incremento degli episodi di violenza rispetto al passato, con un più 66% dei casi rispetto al 2010, e assegna il primato alla Puglia, la regione in cui nel 2013 è avvenuto il maggior numero di atti intimidatori.

Per il 2013 il rapporto denuncia 351 casi distribuiti su 18 regioni italiane, uniche escluse il Friuli-Venezia Giulia e la Valle d’Aosta. Incendi, lettere minatorie, esplosioni e spari colpiscono soprattutto gli amministratori del Mezzogiorno, dove si verifica l’80% degli episodi, ma sono in aumento anche nelle regioni del Centro-Italia e in particolare nel Lazio, dove si è passati dai 5 casi del 2010 ai 15 del 2013, e dove si registra il primo ingresso nel rapporto della Toscana, con 8 episodi complessivi. Le regioni che guidano la classifica sono la Puglia, prima con i suoi 75 episodi complessivi, la Sicilia (70), la Calabria (68), la Sardegna (30) e la Campania (29). New entry rispetto al rapporto del 2010 invece le regioni del nord Italia, l’Emilia-Romagna, dove vengono registrati 10 casi di intimidazione e minaccia, il Veneto, con 9 casi, seguito da Lombardia e Piemonte che presentano entrambe 8 episodi.

Le province più colpite sono invece quelle di Palermo (25 casi), Cosenza (23 casi), Taranto e Messina (18 casi), Foggia (17 casi). Una guerra lunga e silenziosa, quella dei sindaci “in trincea”, che negli ultimi cento anni ha lasciato sul campo ben 21 vittime. “Sono passati trent’anni dall’omicidio per mano mafiosa di Renata Fonte e di Crescenzo Casillo. Due amministratori meridionali, la prima assessore a Nardò in provincia di Lecce e il secondo sindaco di Casoria in provincia di Napoli, uccisi perché si erano opposti alle dinamiche criminali” ricorda nel Rapporto il presidente della Commissione Parlamentare antimafia Rosy Bindi. I loro nomi, ricorda la Bindi “fanno parte del lungo elenco che ogni 21 marzo viene letto durante la Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie organizzata da Libera e da Avviso Pubblico”.

Ancora oggi sindaci, assessori e consiglieri comunali sono le vittime più frequenti dei gesti intimidatori, il 71% del totale, seguiti a distanza dai funzionari e in particolare dai responsabili degli uffici tecnici, vigili e dirigenti del settore rifiuti e sanità, vittime del 17% dei casi rilevati. Gli amministratori locali sono l’avamposto delle istituzioni sul territorio, la cartina di tornasole di un rapporto tra cittadini e Stato non sempre facile né del tutto trasparente. Nei loro confronti si verificano minacce e aggressioni sia di carattere punitivo che preventivo, solo così si spiega perché vengono colpiti sia ex amministratori (5% del campione) puniti per ciò che hanno o non hanno fatto, sia politici e candidati (rispettivamente 4% e 5% dei casi), avvertiti preventivamente sulle conseguenze delle loro azioni. Non mancano poi minacce nei confronti di chi ricopre anche anche cariche più alte come i tre governatori di Abruzzo, Liguria e Sicilia, i vice presidente della Giunta regionale calabrese e dell’Assemblea regionale siciliana, il presidente del Consiglio regionale dell’Umbria, 4 presidenti di Provincia (Lecce, Ravenna, Reggio Calabria e Siracusa) e il vice presidente della Provincia di Crotone.

Fin qui i dati. Poi ci sono le storie, alcune chiare altre più difficili da intepretare. Non tutte necessarimente classificabili come aggressioni di mafia. Il rapporto 2013 di Avviso Pubblico è infatti dedicato a Laura Prati, sindaco del comune Cardano al Campo, in provincia di Varese, vittima lo scorso luglio della follia omicida di un ex vigile (nella foto, l’arresto), sospeso dal servizio perché condannato per truffa e peculato. “Accanto alle minacce e alle intimidazioni di probabile orgine criminale e mafiosa” spiega il presidente Montà nel rapporto, la vita degli amministratori “è stata messa in pericolo da persone disperate”, che hanno sfogato la loro rabbia, per la perdita del lavoro o del reddito, su chi, più vicino a loro, pensavano fosse un esponente della “casta”. Una rabbia, continua Montà “che purtroppo trova riscontro in una serie di scandali e ruberie in cui sono coinvolti politici e funzionari pubblici”, e che produce violenza e sfiducia. Un’autentica minaccia per la democrazia.

In alcuni casi non è facile stabilire che cosa si nasconde realmente dietro le intimidazioni. La rete di Avviso Pubblico lo ha sperimentato sulla propria pelle, con il caso dell’ex sindaco di Isola Capo Rizzuto, Carolina Girasole, già membro dell’ufficio di presidenza dell’associazione e nota come sindaco antimafia. La Girasole, cui la ‘ndrangheta aveva addirittura incendiato la casa al mare, negli ultimi mesi è stata raggiunta da due ordini di custodia cautelare e arrestata con l’accusa di corruzione elettorale e turbativa d’asta. Quale distanza può esserci tra infiltrazione e minacce, tra collusione e resistenza, lo spiega nel rapporto il magistrato Federico Cafiero de Raho: “Le mafie utilizzano modalità comportamentali variabili a seconda dell’obiettivo che vogliono perseguire”, quindi infiltrazione silenziosa o intimidazione rumorosa, anziché raccontare fenomeni diversi possono essere le facce di una stessa medaglia. “Vi sono territori nei quali le mafie, condizionando in modo assoluto il consenso”continua il magistrato, e altri in cui le mafie “se non giungono a un accordo, soprattutto sugli appalti, arrivano allo stesso risultato attraverso l’intimidazione”.

Solo la giustizia ha il potere di svelare cosa si nasconde veramente dietro ad ogni minaccia. Intanto resta l’evidenza dell’alto numero di intimidazioni registrate nei comuni sciolti per infiltrazione mafiosa. Minacce nei confronti di amministratori locali e danni alle strutture sono infatti stati rilevati in 25 Comuni del Mezzogiorno sciolti in passato per mafia, e altri fatti di intimidazione e di minaccia si sono verificati in due Comuni, entrambi pugliesi, in cui erano in corso gli accertamenti da parte delle commissioni prefettizie.

Articolo Precedente

Baby squillo: coinvolto anche il Consiglio di Stato. Ci mancava

next
Articolo Successivo

Amministratori minacciati, in Puglia un quinto dei gesti intimidatori nel 2013

next