Un capolavoro della letteratura contemporanea dell’orrore, dell’angoscia e del fallimento. Un tracciato narrativo che vomita disprezzo nei confronti del “civile” ed “elegante” mondo occidentale. Un libro memorabile Il matto di piazza della Libertà, prima opera completa del regista e scrittore iracheno Hassan Blasim, una raccolta di racconti pubblicati originariamente sul blog dell’autore e successivamente tradotti in inglese e pubblicati dalla casa editrice Comma Press, Manchester, nel novembre del 2009 col titolo The Madman of Freedom Square, e oggi pubblicata in Italia da Editrice il Sirente (tradotto dall’arabo da Barbara Teresi).

Immaginate un uomo rapito e costretto a dichiarare in video di aver commesso atroci crimini in nome della religione. Oppure un viaggio di clandestini diretti in Europa che si trasforma in una carneficina. Immaginate un soldato che, rimasto chiuso in una stanza per diversi giorni con la sua amata, per sopravvivere si nutre del suo corpo e del suo sangue. Cadaveri che parlano, lupi mannari, teste mozzate, corpi dilaniati o scuoiati, padri che avvelenano le figlie, figli che portano in valigia lo scheletro della madre, morti che scrivono romanzi, suicidi, esplosioni di autobombe, neonazisti che in Europa picchiano a sangue gli immigrati. E poi matti, matti dappertutto, e un confine labile tra il reale e l’irreale. Provate a immaginare tutto questo e altro ancora. Immagini raccapriccianti e scene da brivido, come nella migliore letteratura gotica. Ma questa non è semplicemente letteratura gotica. Questo è l’Iraq. O l’Europa dei rifugiati iracheni. Talvolta, sembra dirci Hassan Blasim in questo suo splendido libro d’esordio, la realtà supera la finzione in orrore e crudeltà.

Ogni cadavere che finisci è un’opera d’arte che aspetta il tuo tocco finale, per consentirti di emergere e brillare come una pietra preziosa tra le macerie di questo Paese. Mettere in mostra un cadavere è l’apice della creatività, ed è quello che cerchiamo di fare e che tentiamo di studiare, per trarne i nostri vantaggi. Personalmente non sopporto gli agenti che hanno una scarsa immaginazione. Ad esempio abbiamo un agente, il cui nome in codice è ‘La lama di Satana’, che spero venga fatto fuori al più presto dai responsabili. Questo tizio crede che fare a pezzi le membra del cliente e appenderle ai cavi elettrici dei quartieri popolari sia il massimo della creatività e dell’invettiva. E invece è soltanto uno stupido pallone gonfiato. Detesto i suoi metodi classici, anche se lui parla di neoclassicismo. Quell’idiota non fa altro che tingere gli organi del cliente di vari colori e appenderli a fili trasparenti, il cuore blu scuro, lo stomaco verde, il fegato e i testicoli gialli. Così, senza capire la poetica della semplicità.

“Hassan Blasim racconta la crisi irachena, ma anche, o forse soprattutto, il lato oscuro della migrazione, clandestina e non, e le difficoltà di integrazione che gli immigrati incontrano in un’Europa sempre meno aperta e accogliente nei confronti degli ‘altri’, degli ‘stranieri’. E lo fa attraverso i suoi racconti macabri e surreali e la sua prosa potente, diretta, caustica e raggelante al tempo stesso. Ben sette dei tredici racconti che compongono la raccolta affrontano il tema della migrazione, seppur in modi diversi. La penna di Blasim, sempre lucida e velatamente beffarda, non risparmia nessuno. I ‘trafficanti di vite che dall’Oriente portano bestiame umano nei campi dell’Occidente’ sono avvoltoi senza scrupoli, mentre i migranti sono personaggi profondamente segnati dalle atroci esperienze vissute, e spesso affetti da disturbi psichiatrici e incapaci di integrarsi nel Paese ospite. Lasciarsi alle spalle una nazione come l’Iraq, devastata da anni di guerre e faide intestine, è quasi sempre un percorso traumatico, che l’autore racconta con spietato cinismo, fornendo così una prospettiva piuttosto inedita sui ‘viaggi della speranza’.”

Il mondo è, secondo me, estremamente fragile, spaventoso e disumano, e gli basta una lieve scrollata per far fuoriuscire le sue atrocità e i suoi canini primitivi. Senz’altro voi conoscete già molte simili tragiche storie riguardo all’emigrazione e i suoi orrori, grazie ai mass media che puntano i riflettori soprattutto sugli annegamenti dei migranti. Trovo che agli occhi del pubblico questi annegamenti di massa appaiano come un’avvincente scena da film, una sorta di nuovo Titanic.

 


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