Un terreno dove costruire un centro culturale islamico nuovo di zecca. La promessa alla comunità di Parma arriva dal sindaco Cinque stelle Federico Pizzarotti ed è di quelle che potrebbero mettere fine a una storia travagliata che dura ormai da anni, segnando un punto a favore dell’integrazione nella città ducale. “È un gesto civile, che ammiriamo. E’ un onore per noi e per la città – ha commentato Farid Mansouri, presidente dell’associazione di promozione sociale Comunità islamica di Parma – Ci daranno un terreno per costruire da zero un edificio che possa avere anche un valore artistico e di rappresentatività per Parma”.

Dopo anni di traslochi tra sedi precarie e non sempre adeguate, la comunità di musulmani che nel parmense conta 13mila persone potrà finalmente avere una struttura definitiva, costruita per rispondere alle sue esigenze, per pregare, svolgere attività culturali e iniziative aperte a tutta la città. “Sarà un centro islamico e non una moschea – ci tiene a precisare Mansouri – perché nel nostro centro non si prega solamente, si fanno molte altre attività che vanno dai corsi di lingua a quelli di informatica, fino all’aiuto delle persone bisognose. È un centro di socializzazione che deve essere della città”.

La zona individuata è a nord di Parma, nel quartiere dove sorge la sede dell’Efsa, l’iter burocratico è in mano ai tecnici del Comune e i soldi per la realizzazione li dovrà mettere la Comunità islamica. “L’opera sarà finanziata da loro, quello che possiamo fare noi come Comune è assegnare un terreno in cui costruire la sede, che dovrà essere un edificio di un certo tipo, in un posto facilmente raggiungibile da tutti” spiega Pizzarotti, che sta seguendo l’iter insieme agli assessori alle Politiche sociali e ai Lavori pubblici Laura Rossi e Michele Alinovi.

Una promessa che è già sufficiente a far tirare un sospiro di sollievo ai membri della comunità islamica, che da anni si sono stabiliti in un capannone, ma che da sempre devono fare i conti con la paura di rimanere senza un posto dove ritrovarsi e pregare. Dopo due trasferimenti nel quartiere dell’Oltretorrente, in centro storico, dal 2008 il centro islamico è stato spostato dall’ex sindaco Pietro Vignali nell’area periferica di via Campanini, in una zona produttiva al limite dell’anello della tangenziale. Lì però sono cominciati anche i problemi, perché gli artigiani del quartiere hanno innescato una vera e propria guerra a suon di carte bollate contro la permanenza del centro di fianco alle loro attività. Denunce, esposti e manifestazioni hanno fatto dormire notti poco tranquille a Mansouri e ai suoi, che lo scorso autunno, per l’attività di preghiera svolta all’interno del capannone, hanno anche rischiato che l’associazione venisse cancellata dal registro provinciale delle associazioni di promozione sociale. Tutto per un’ennesima denuncia alla Procura, una delle tante arrivate per irregolarità della sede e dell’uso del capannone non solo alla Comunità islamica, ma anche al Comune e ai suoi dirigenti. “Abbiamo pagato 600mila euro per questo capannone, abbiamo fatto degli investimenti – continua Mansouri – Per noi non ci sono problemi, ma per gli altri evidentemente sì”.

Anche per questo il miraggio di un nuovo posto dove andare rappresenta una speranza per la comunità. La scelta di costruire una moschea o un centro islamico è già stata fatta da altri Comuni come Siena e Ravenna, a Bologna e Genova l’iter procede, anche se tra mille ostacoli. A Parma per ora c’è solo un’area individuata, ma è già un primo passo. “Siamo fiduciosi, ma questa è già una risposta molto significativa per noi – conclude Mansouri – Non vogliamo che il centro islamico diventi un ghetto, noi vogliamo essere un valore aggiunto per tutta la città”. 

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