“La laicità dello Stato favorisce la pacifica convivenza tra religioni diverse”. Questa l’affermazione pronunciata da Papa Francesco durante l’incontro con la classe dirigente del Brasile a Rio de Janeiro. “Senza assumere come propria nessuna posizione confessionale – ha spiegato Bergoglio – la laicità dello Stato rispetta e valorizza la presenza del fattore religioso nella società, favorendone le sue espressioni concrete”. Un’affermazione che segna un punto di non ritorno nel rapporto tra Stato e Chiesa, rispondendo anche alle intramontabili accuse di ingerenza dei vertici ecclesiastici nelle questioni politiche dei diversi Paesi.

“Chi ha un ruolo di guida – ha sottolineato Francesco – deve avere obiettivi molto concreti e ricercare i mezzi specifici per raggiungerli, ma ci può essere il pericolo della disillusione, dell’amarezza, dell’indifferenza, quando le aspirazioni non si avverano”. “La leadership – ha aggiunto il Papa – sa scegliere la più giusta delle opzioni dopo averle considerate partendo dalla propria responsabilità e dall’interesse per il bene comune; questa è la forma per andare al centro dei mali di una società e vincerli anche con l’audacia di azioni coraggiose e libere”. “Chi agisce responsabilmente – ha affermato ancora Bergoglio – colloca la propria azione davanti ai diritti degli altri e di fronte al giudizio di Dio. Questo senso etico appare oggi come una sfida storica senza precedenti. Oltre alla razionalità scientifica e tecnica, nella situazione attuale si impone il vincolo morale, con una responsabilità sociale e profondamente solidale”.

Per il Papa, tra l’indifferenza egoista e la protesta violenta c’è un’opzione sempre possibile che è quella del dialogo. “Un Paese cresce quando dialogano in modo costruttivo le sue diverse ricchezze culturali: cultura popolare, cultura universitaria, cultura giovanile, cultura artistica e tecnologica, cultura economica e cultura familiare, e cultura dei media”. “Quando i leader dei diversi settori mi chiedono un consiglio, la mia risposta è sempre la stessa: dialogo, dialogo, dialogo”. Secondo Francesco, la sfida oggi è “scommettere sulla cultura dell’incontro“. Altrimenti, sostiene il Papa, “tutti perderanno”.

Ai vescovi presenti a Rio de Janeiro per partecipare alla Giornata mondiale della gioventù il Papa ha spiegato che “non è la creatività pastorale, non sono gli incontri o le pianificazioni che assicurano i frutti, ma l’essere fedeli a Gesù“. E, citando la beata madre Teresa di Calcutta, il Papa ha detto ai presuli che “è nelle ‘favelas’, nei ‘cantegriles’, nelle ‘villas miseria’, che si deve andare a cercare e servire Cristo”. Un invito che era stato preceduto dalla visita di Francesco a una favela nella stessa Rio. Ed è proprio con questo spirito che il Papa ha chiesto ai vescovi del mondo di pensare la pastorale partendo dalle periferie esistenziali, “da coloro che sono più lontani, da coloro che di solito non frequentano la parrocchia”.

A Rio ci sarà “chiasso”, aveva detto Francesco ai suoi giovani connazionali, ma il suo desiderio è che ci sia “chiasso nelle diocesi, voglio che si esca fuori, voglio che la Chiesa esca per le strade, voglio che ci difendiamo da tutto ciò che è mondanità, immobilismo, da ciò che è comodità, da ciò che è clericalismo, da tutto quello che è l’essere chiusi in noi stessi. Le parrocchie, le scuole, le istituzioni sono fatte per uscire fuori, se non lo fanno diventano una ong e la Chiesa non può essere una ong”. Perché, per Francesco, “c’è il frullato di arancia, c’è il frullato di mela, c’è il frullato di banana, ma per favore non bevete ‘frullato’ di fede. La fede è intera, non si frulla”.

 

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