Ho deciso di assegnare a questo post un titolo giornalistico per una vicenda che, più che da slogan, si presenta da sola come profondamente umana.

E’ questo un altro, l’ennesimo recente caso, in cui il diritto incontra la vita. E la vita è quella di due coniugi, sposati da anni, uno dei quali decide, conformemente alla propria aspirazione, di chiedere la rettificazione di attribuzione di sesso. Detto volgarmente, di diventare donna.

Sulla vicenda avevo già pubblicato un articolo su una rivista (Giurisprudenza di merito, n. 3/2012), nel quale, a commento di una pronuncia della Corte d’Appello di Bologna, sollevavo alcuni dubbi sulla conformità dell’attuale assetto normativo italiano rispetto sia alla nostra Costituzione, sia alle norme sovranazionali europee, in particolare la Convenzione europea dei diritti umani

Mi spiego. Se uno dei coniugi decide, conformemente alla propria autodeterminazione, di cambiare sesso, può farlo attraverso un percorso, molto difficile sul piano personale, che può perfezionarsi con l’intervento chirurgico e una sentenza del giudice che ordina all’ufficiale dello stato civile di mutare, nei relativi registri, il genere della persona interessata. Così una persona, la quale nel corso della vita percepisca il proprio corpo come estraneo alla propria identità di genere, può non solo mutare chirurgicamente i propri tratti sessuali, ma anche ottenere che il diritto riconosca tale mutamento.

Che cosa accade in questo caso al suo matrimonio? Secondo un’interpretazione data alle norme esistenti, esso si scioglierebbe automaticamente.

Senonché in tal modo si realizza un divorzio “imposto”, che è simile solo alla morte. In altre parole, se uno dei coniugi sceglie di cambiare sesso – e non lo fa ovviamente per capriccio ma piuttosto perchè ne sente l’esigenza indefettibile – il matrimonio si scioglie, esattamente come accade quando uno dei coniugi muore. La realizzazione di una propria esigenza personale diventa così “il prezzo” dell’unione affettiva esistente. Infatti, nel caso affrontato sopra si confrontano due diritti fondamentali: da un lato, il diritto di essere se stessi e di autodeterminarsi, e dall’altro il diritto al matrimonio, cioè a conservare intatta la propria unione affettiva per un tempo potenzialmente indefinito. Il diritto di stare bene con se stessi v. il diritto di stare bene con chi si ama. Il coniuge che ha cambiato sesso non è morto; e l’altro non ha alcuna intenzione di lasciarlo e divorziare.

Ieri la Cassazione, con una lucida ordinanza, ha preso in esame proprio questa fattispecie. Grazie alle precise argomentazioni dei colleghi di Avvocatura per i diritti LGBT – Rete Lenford che si sono occupati della difesa della coppia, la Corte ha deciso che il sacrificio, imposto ai due coniugi dalla scelta, che deve essere libera, incondizionata e personale, di mutare sesso da parte di uno di loro, viola i diritti fondamentali di entrambi. In tal senso, spiega la Corte, “lo scioglimento del vincolo coniugale … determina l’eliminazione ‘chirurgica’ di una relazione stabile e continuativa che ha dato vita a un nucleo familiare, costituzionalmente protetto“.

Sulla questione deciderà la Corte costituzionale, cui la Cassazione ha inviato gli atti. Nell’attesa, segnalo il commento di Marco Gattuso sul sito Articolo29.it, fonte ricchissima per chiunque voglia occuparsi di temi LGBT. Sembra assurdo che, in un ordinamento in cui la persona sta al centro delle dinamiche costituzionali e dovrebbe esserlo, verosimilmente, anche in quelle politiche, si smantelli una famiglia già esistente in conseguenza di scelte che dovrebbero essere – come precisa la Cassazione – “libere da ogni ingerenza statuale“.

Il caso merita indubbiamente riflessioni. Siamo troppo abituati a ragionare per slogan e poco sulla base dell’esperienza. Martha C. Nussbaum ci suggerirebbe, nel contesto di cui sopra, di adottare un approccio di immaginazione. Immaginarci di essere nei panni di quel marito che si percepisce donna ma vuole continuare ad amare la propria moglie. Se ci immaginiamo nei suoi panni, saremo anche in grado di immaginare un mondo diverso.

Che magari, al di là delle categorie consolidate del diritto e della politica, sa ancora parlare di affetto, legame e scelte individuali. Libere.

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