La frenata di Antonio Ingroia sulla candidatura a premier propostagli dal sindaco di Napoli Luigi De Magistris ha sortito precisamente l’effetto opposto. Ultima in ordine di tempo, lo dimostrerebbe l’aspettativa per motivi elettorali di cui il magistrato ha fatto richiesta per la propria toga. Nel fine settimana, d’altronde, si è svolto un fitto percorso di iniziative a favore della candidatura del magistrato antimafia che culminano sabato prossimo, 22 dicembre, nell’assemblea nazionale a Roma in cui Ingroia dichiarerà di persona le proprie intenzioni. E proprio in vista dell’appuntamento al teatro Quirino, i fautori del IV polo riuniti in calce all’appello “Cambiare si può!” (che annovera, tra gli altri, anche i promotori delle liste arancioni) stanno accelerando le procedure necessarie per assicurare all’ex pm palermitano quel sostegno di carattere “civico” da parte della “sinistra diffusa” che egli ritiene condizione dirimente. E che dovrebbe riflettersi in primo luogo nei criteri di composizione delle liste elettorali di questo costituendo fronte indipendente.

Dunque Ingroia c’è. Come d’altronde aveva già fatto sapere agli arancioni di De Magistris riuniti il 12 dicembre al teatro Eliseo di Roma. Il magistrato ritiene però infruttuoso un invito diretto da parte della politica piuttosto che della società civile. Perciò avrebbe frenato sulla candidatura a premier propostagli tramite Micromega dal sindaco di Napoli, avvertendo in proposito di non indossare “toghe o casacche colorate, né rosse né arancioni”: sottraendosi cioè a etichette di carattere politico/partitico. Dallo stesso sito di Micromega il magistrato si è anzi rivolto al leader del Pd Pierluigi Bersani, esortandolo a vincere le elezioni per cancellare “l’intollerabile legislazione di privilegio” in materia di giustizia. Appello che può suonare come un endorsement nei riguardi del Pd, così da suscitare l’ira furibonda del Pdl; ma che al tempo stesso assolve da successive imputazioni di aver rifiutato il dialogo al centrosinistra, lasciando quindi mani libere a Ingroia.

Nessuno, d’altronde, contava davvero su una ricomposizione al fotofinish col centrosinistra e col Pd, se non altro in conseguenza del divario che si è creato col capo dello stato Giorgio Napolitano. A un sindaco come De Magistris, che si attende dal prossimo governo interventi straordinari per il capoluogo partenopeo, e a un leader di partito come Di Pietro, i cui amministratori sono impegnati in molte giunte col Pd, s’imponeva tuttavia di non lasciare intentato il dialogo. Di tutt’altro avviso gli esponenti di Alba e “Cambiare si può!”, intenti dalla prima ora “alla costituzione di un polo alternativo agli attuali schieramenti, con uno sbocco immediato anche a livello elettorale” (http://www.cambiaresipuo.net).

Risolto il rapporto col Pd, lo snodo più delicato nell’ottica di costituzione del IV polo riguarda ugualmente il rapporto coi partiti, dal Prc all’Idv, che proprio nell’assemblea di sabato scorso a Roma ha aperto la strada a una possibile confluenza nelle liste civiche arancioni. Lo si rileva dai resoconti delle oltre cento assemblee locali in preparazione di quella del 22 dicembre a Roma e alle quali gli organizzatori contano di aver coinvolto 15/20 mila persone. Da un lato associazioni, movimenti e arancioni sono in sintonia sulla prospettiva di liste civiche comuni, che raccoglie consensi anche da parte dei partiti specialmente nelle aree metropolitane. Esemplare il caso di Roma, dove si registra consenso unitario intorno alla candidatura Sandro Medici, con l’obiettivo di imitare l’esperienza di De Magistris a Napoli nella corsa al Campidoglio contro gli esponenti del Pd: Paolo Gentiloni, Enrico Gasbarra, David Sassoli. Dall’altra parte, invece, si registrano specialmente in provincia i distinguo di Rifondazione, che partecipa con dichiarato interesse al progetto di IV polo. Tanto è vero che a Firenze, per esempio, lo storico Paul Gisbourg è intervenuto a rammentare che in ballo c’è solo la formazione di liste e non di un partito, in quanto “non sono comunista e non farei un partito insieme ai comunisti”.

Un equilibrio, quello tra il carattere civico e innovativo delle liste e una presenza riconoscibile delle forze politiche, comunque difficile da trovare; anche nel caso di un solo nome, come dimostra il fatto che su quello di Di Pietro esiste per esempio la vigorosa opposizione dei no Tav. A ciò si aggiunga anche un ritorno di interesse da parte di Pdci e Verdi, che avevano stretto rispettivamente con Bersani e con Franceschini accordi per trovar posto nelle liste Pd in cambio del sostegno al segretario nelle primarie, ma che ora, di fronte alla prospettiva di un solo seggio, si sono riaffacciati in cerca di visibilità al IV polo.

In chiave elettorale ancora non ci sono sondaggi, ma il nome di Ingroia godrebbe di un consenso intorno al 4 per cento a livello nazionale e del 10 in Sicilia a detta degli organizzatori di “Cambiare si può!”. E proprio l’esortazione in tono obamiano dell’appello sarebbe destinata a dare anche nome alle liste (in attesa di simbolo e slogan di cui si starebbe occupando il vulcanico Carlo Freccero). Lo schema è quello di partire da un cartello di promotori fatto da singole personalità, cui poi si associa un comitato di sostegno con la partecipazione dei partiti e un comitato di garanti col compito di redigere le liste. I tempi perciò sono “strettissimi”, come osserva il braccio operativo Massimo Torelli: “Praticamente dobbiamo fare in 5 giorni quel che non abbiamo fatto nei 2 mesi precedenti”.

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