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Spazzare via il partito trasversale degli affari

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Due elementi emergono dal turno di ballottaggio delle elezioni amministrative di domenica scorsa. Uno positivo e uno negativo.

Cominciamo dal secondo.  Si allarga l’area di disaffezione nei confronti del voto. L’astensionismo esprime una sfiducia diffusa che può tradursi in un fattore di crisi per la democrazia.

Positiva è invece l’affermazione di candidati come Leoluca Orlando, Simone Petrangeli, Marco Doria e Federico Pizzarotti.  Pur diversi tra di loro essi esprimono un desiderio di cambiamento che va nella giusta direzione.  Ha ragione De Magistris a richiamare le ragioni comuni tra sinistra e Movimento 5 stelle. Queste ragioni comuni risiedono in un lavoro da svolgere sul territorio e nella costruzione di momenti di democrazia diretta da affiancare all’operato delle autorità locali elette.

Solo in questo modo si potrà porre un argine ai fenomeni di disgusto nei confronti della politica, che sono giustificati dall’esistenza di un ceto politico mediamente pessimo e totalmente subalterno al potere economico. I  peggiori esemplari di questo ceto sono gli esponenti della destra e del centro, da Alfano a Casini, passando per i leghisti, che giustamente il popolo italiano ha individuato come i suoi peggiori nemici. Lo sgretolamento di questa area politica va convertito in frana irreversibile, mettendo a tacere i settori consociativi del PD che continuano a invocare irresponsabilmente l’unità con UDC e simili. Da questo punto di vista appare particolarmente significativa la vittoria di Leoluca Orlando a Palermo che ha sbaragliato, come già fece De Magistris a Napoli, i sostenitori del patto con il centro anche laddove esso assume, come in Sicilia, coloriture di stampo mafioso.

Ma parliamoci chiaro. Il problema del connubio fra affari e politica riguarda a fondo settori che vanno ben al di là della destra uscita sconfitta dalle elezioni. In un Paese come il nostro, dove il consumo di territorio ha raggiunto dimensioni oramai intollerabili per l’ambiente, il paesaggio e la salute fisica e mentale dei cittadini, deve essere attuata una vera e propria rivoluzione copernicana oltreché sociale, rimettendo al centro la base e spodestando definitivamente rappresentanti privi di ogni autorevolezza e succubi dei poteri forti. I principi del bene comune e della democrazia devono tornare ad orientare l’azione delle forze politiche effettivamente orientate verso il futuro.

Ricordo a tale proposito l’eccellente opera d’analisi compiuta da Paolo Berdini, autore con Daniele Nalbone, del libro “Le mani sulla città. Da Veltroni ad Alemanno storia di una città in vendita”. E lo stesso Berdini sarà candidato a sindaco della capitale per uno schieramento che si vuole il più ampio e qualificato possibile, in modo tale che il necessario cambiamento raggiunga anche la nostra millenaria città che oggi soffre bestialmente per colpa dell’incompetente e clientelare Alemanno ma sopporta da tempo l’impatto dei poteri forti, specie i palazzinari, che vanno frenati con determinazione.

Sul piano nazionale, in vista di elezioni politiche oramai prossime ed inevitabili, è bene che si abbandoni e fallisca definitivamente ogni velleitario proposito di riforma costituzionale ed elettorale basato, come spiega egregiamente Gaetano Azzariti sul manifesto di oggi sul mito della governabilità anziché sul principio democratico di rappresentanza, rimettendo in discussione la retorica del maggioritario e l’ossessione governista.

Sono infine necessari gesti concreti da parte dei partiti. Assolutamente inefficiente la riformicchia del finanziamento pubblico dei partiti appena varata. Sia fatto immediatamente  un decreto d’urgenza per devolvere ad esodati e terremotati tutto l’ammontare della prossima rata! E si discuta quanto prima la proposta di legge d’iniziativa popolare promossa dall’Italia dei Valori per l’abolizione di una legge infame che ha trasformato i partiti, che secondo l’art. 49 della Costituzione dovrebbero costituire gli strumenti per determinare democraticamente la politica nazionale, in squalificate e giustamente disprezzate holding dove allignano e prosperano parassiti e faccendieri di ogni specie.

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