C’è Samantha, ricercatrice pendolare che studia matematica ferma all’autogrill per ottimizzare i tempi quando il raccordo anulare è ingolfato; c’è Antonella, studentessa italiana di seconda generazione che sogna di aiutare le donne meno giovani a riappropriarsi dell’autostima e della fiducia in sé stesse, per recuperare la forza d’animo necessaria a cercare un lavoro; c’è Raquel dirigente d’azienda che per il fatto d’essere filippina viene costantemente scambiata per la tata dei suoi figli; e poi c’è Elena, che ha sorpreso la bambina più piccola a giocare a Barbie precaria.

Qualche tempo fa sono stata invitata alla prima del video documentario Io Qui. Lo Sguardo delle donne, scritto e diretto da Costanza Quatriglio per Indigo Film e per la Provincia di Roma.

La giornata prometteva bene, come genitoriprecari.it e Punto D mi sembrava stimolante un confronto che mettesse al centro la qualità della vita delle donne nell’area metropolitana della capitale, dal punto di vista dell’organizzazione del tempo, del welfare e della sicurezza. Ad aprire la discussione questo breve documentario, quindici minuti in tutto, che ha lasciato il segno. Il video racconta la storia di quattro donne, unite dal filo dell’incertezza rispetto al futuro e dei loro legami con un passato che per forza di cose si trascinano dietro. Ma racconta anche di conquiste importanti, strappate con i denti e con le unghie e difese a spada tratta. Le loro vite parlano di un passaggio difficile da compiere oggi, quello che da figlie le porterà ad essere madri e di tutti i condizionamenti legati a una condizione di incertezza lavorativa oltre che esistenziale.

Racconta di come una figlia si identifichi nella madre tanto da giocare a “fare la precaria”. E di una madre che si domanda per questo quali modelli sarà mai in grado di offrirle. Parla di nonna Emma, che ha dedicato una vita all’accudimento, prima come figlia, ora come suocera, permettendo in questo modo alla nuora, che ha due bambini, di non buttare all’aria ciò per cui ha studiato. E in questa staffetta generazionale tra nonna, nuora e nipote, l’unica risorsa possibile resta il privato familiare. Laddove c’è. La struttura narrativa si basa su un dialogo costante tra ciò che viene mostrato e ciò che è semplicemente evocato attraverso la voce fuori campo delle protagoniste, sempre complici e partecipi delle scelte registiche. In questo video l’autorappresentazione diventa occasione per riflettere sulla propria condizione, sulle conquiste strappate e sui modelli offerti. Ma anche su quelli imposti. Gli stessi che portano una bambina a identificarsi nella madre, attraverso il gioco di Barbie precaria.

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