Anno nuovo, blog nuovo, per lanciare il tema dell’intercultura, partendo dalla nostra esperienza e da luci, e ombre, che l’hanno contrassegnata. Interessa a qualcuno l’intercultura? Ci sono realtà che se ne occupano? Cosa fa il nostro paese, cosa fanno le istituzioni, per promuovere il dialogo tra culture, sfida basilare e globale del nostro tempo?

Come Suq Genova ce lo siamo chiesto – e lo abbiamo chiesto – in tanti modi durante questi tredici anni di attività, di festival, teatro e formazione. E ora vogliamo creare un “suq” virtuale in cui accogliere commenti, idee, suggerimenti, anche in molte lingue. “Suq” vuol dire mercato in arabo, quindi luogo mediterraneo simbolico dell’incontro e dello scambio. Secondo un proverbio africano il mercato è “terra di tutti e di nessuno”. Così è il nostro bazar dei popoli che a giugno invade la Piazza delle Feste del Porto Antico di Genova, e che da tempo si vorrebbe rendere permanente. Ma dopo 13 anni di Festival, con grande successo popolare e la definizione di un modello unico in Italia, non ha ottenuto né un aumento di contributi né spazi per evolversi stabilmente, nonostante 6000 firme di cittadini e tante celebri testimonianze.

Non è casuale. Dove dal basso, realtà popolari e territoriali, associative, fatte di cittadini si impegnano su mille fronti per stare al passo con le sfide e le esigenze anche valoriali, dall’alto si trascurano le energie da incoraggiare, si frenano le esperienze che potrebbero offrire orizzonti nuovi per la mentalità culturale e la convivenza sociale.

Bisogna vincere la scommessa dell’integrazione nello spazio della cultura e del tempo libero. E’ stando insieme e costruendo una cultura nuova che si vince.

Nel 2050 ci saranno più cittadini immigrati che italiani. Immigrazione, minaccia o opportunità? Su questa domanda e su altre proiezioni si è riflettuto a Sponde 2011, una tre giorni organizzata dalla Diocesi di Mazara del Vallo e dall’Osservatorio del Mediterraneo. In sintesi: vogliamo barricarci?

Il nostro augurio per un mondo migliore è che l’intercultura conquisti un posto in prima fila negli obiettivi di ogni governo o amministrazione. Da troppo tempo fanalino di coda, essa necessita di risorse.

E’ crisi? Allora che davvero il merito e l’eccellenza valgano, uniche discriminanti. Che si scelga quello che è bello, che è utile e che funziona.

Ha scritto Marco Aime: “Se la parola Suq viene usata da qualcuno in modo spregiativo per indicare confusione, rispondiamogli che è vero: confondersi con gli altri è il solo modo di fare umanità”.

Con una bella confusione si può costruire insieme un futuro migliore?

Carla Peirolero, Giacomo D’Alessandro

(Foto di Max Valle: il Suq di notte)

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