Confesso che se non mi occupassi da trent’anni di studiare il mercato del libro mi unirei con leggerezza al coro di voci che gridano allo scandalo di fronte a una legge, la legge Levi, che dal primo settembre restringe la libertà di sconto per i librai al 15%, proprio in tempo di crisi. Leggendo giornali e blog mi sarei fatto un’idea molto superficiale del problema.

Comprare per scelta non per denaro
Probabilmente non saprei che questa nuova legge si propone semplicemente di rendere più efficace la legge già in vigore da anni. Non saprei che la regolamentazione del prezzo dei libri è la norma nell’Europa continentale. Non saprei che in Italia negli ultimi 4 anni le librerie indipendenti hanno perso il 4% all’anno di quota di mercato (oggi sono un terzo del mercato). Non saprei che di tutte le leggi analoghe quella italiana è la più aperta e flessibile. Crederei che il prezzo alto è la causa degli indici di lettura italiani, purtroppo però sono molto più bassi di quelli tedeschi e francesi dove vige un rigido prezzo fisso e i prezzi sono mediamente più alti. Semplicemente questa legge coerentemente con lo spirito della precedente attribuisce agli editori e non più ai librai la responsabilità di fare le promozioni. Responsabilità che spero i colleghi si assumano facendole. Il mercato del libro è uno dei pochi meritocratici dove anche un piccolo editore, se pubblica una novità che entusiasma i lettori, può balzare in cima alla classifica grazie al fatto che c’è un sistema aperto a tante voci e regolamentato per restare tale.  Questa libertà sostanziale è indispensabile proprio perché se i giochi li decidessero solo gli sconti, editori e librai si concentrerebbero sui prodotti sicuri e facili e pochi autori guadagnerebbero molto ma i più non guadagnerebbero più niente perché semplicemente nessuno li pubblicherebbe. La capacità di trovare nuovi stimoli culturali diminuirebbe col tempo e il nuovo faticherebbe a emergere. Il libro, elegantemente, ha sempre respinto i tentativi di farne un veicolo pubblicitario. Però da venti anni viene spesso usato come prodotto civetta da chi vuole conquistare clienti per poi vendere pasta, poltrone e ventilatori, hardware o pubblicità perché è un prodotto culturale alto, che fa parlare, autorevole ma a buon mercato. Quando un negoziante mi propone un libro caldo con uno sconto superiore al 40% faccio bene a comprarlo se mi interessa ma devo capire che il negoziante ci sta perdendo e dunque non sono tanto io a comprare il libro ma è quel libro che sta comprando me, la mia fiducia, la facilità con la quale credo che se quella novità così trendy, che tutti vendono a 10 euro, lì la trovo a 6 vuol dire che il negozio è il più conveniente e ci comprerò anche il resto. L’ecosistema si giova delle librerie indipendenti per la ricerca di nuovi autori come dei supermercati per gratificare quelli che ce l’hanno fatta.

La minaccia che vien dal supermercato
Questa legge si propone di difendere la distribuzione indipendente per il benessere degli autori che amiamo, che grazie a questo ecosistema hanno potuto eleggere la scrittura a mestiere facendosi apprezzare sempre più, libro dopo libro, e conservando la loro indipendenza grazie al favore del pubblico anche quando scrivono libri scomodi. Gli editori (piccoli o grandi) non sono parassiti che vivono a spese dell’autore, sono stati anzi loro a sostenere e finanziare i miei autori, a crederci per primi, quando muovevano i primi passi e nessuno dava loro retta. In un mercato nel quale è solo lo sconto a decidere cosa ci sarà sui banchi, il lettore e l’autore sono tagliati fuori dal vero nodo della questione: la scoperta di nuove voci, nuovi talenti che costituisce il prezioso valore del libro.
Abbiamo qualche indizio che quel che dico è vero. Nei primi anni ’80 la liberalizzazione del prezzo dei libri fiamminghi in Belgio ha costretto molte librerie a chiudere per la concorrenza sugli sconti dei supermercati. I quali, dopo un’iniziale euforia, rimasti senza margine per l’abitudine a scontare troppo i prodotti, hanno cominciato a ridurre lo spazio dedicato ai libri. Di conseguenza si è strappato il tessuto della distribuzione del libro. Nel primo decennio di questo secolo la rottura del Net Book Agreement nel Regno Unito, l’intesa che impediva gli sconti nel settore librario, ha dispiegato i suoi effetti in una delle editorie più importanti del mondo. Tesco comprava l’ultima novità di Harry Potter dall’editore per 7 sterline e lo rivendeva a 5 sterline. Perché mai? Perché i media avevano i riflettori puntati sull’uscita del maghetto e anche se Tesco ha perso qualche centinaio di migliaia di sterline tutti i giornali del mondo hanno riportato che il negozio più conveniente del mondo era Tesco. Addirittura l’award di libraio dell’anno nel 2011 l’ha vinto una catena di supermercati in Inghilterra. Ma gli effetti più devastanti colpiscono i giovani autori (che trovano sempre meno editori disposti a puntare su uno sconosciuto) e librai indipendenti (ormai nel Regno Unito fan meno del 7% del mercato).
Gli autori medi guadagnano molto meno di prima. Le catene hanno mangiato i librai indipendenti, i supermercati hanno mangiato le catene e ora le librerie on line si mangiano gli uni e gli altri col rischio di consegnare a uno o due operatori tutto il potere della distribuzione. Anche se non mi cambia il bilancio, preferisco un sistema che lasci a ciò che è nuovo e diverso lo spazio per affermarsi e stupirci, tutelando il pluralismo, tanto ci penserà la rivoluzione digitale a far scendere i prezzi. Gli esordi di maggior successo dell’attuale stagione italiana sono incentrati sulla vecchiaia come valore positivo. Vecchi i protagonisti de Il profumo delle foglie di limone e de Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve, libri che hanno scalato le classifiche della narrativa. 93 sono gli anni di Hessel, che con il suo Indignatevi! – pubblicato in Italia da un editore appena nato – ha conquistato il primo posto.

Impossibile prevedere cosa piace ai lettori
Bestseller che non vengono più solo dal Regno Unito o dagli Usa ma dalla Spagna, dalla Francia e dalla Svezia: un fenomeno notevole e recente. Libri nati nella vecchia Europa Continentale in Paesi dove il prezzo è spesso ben più regolamentato che in Italia. Provate a convincere un “buyer” sano di mente che il bestseller della prossima stagione sarà un libro il cui protagonista è un simpatico vecchietto che dorme col pannolone. Eppure è questo che è piaciuto ai lettori, tra migliaia di romanzi pubblicati. Non è detto che questi libri avrebbero trovato sufficiente spazio nei banchi in cui lo sconto è l’unica attrattiva. E dovremmo anche mettere una croce sopra a molti editori di cultura, che apprezziamo anche se non sono geni del marketing, se la scena editoriale si sfoltisce.

da Il Fatto quotidiano del 28 agosto 2011

di Stefano Mauri

L’autore è presidente e amministratore delegato del gruppo editoriale Gems e presidente del Gruppo editori di varia, dell’Associazione Italiana Editori

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